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Dossier | N. 97 articoliOlimpiadi e Paralimpiadi di Rio 2016

Di Francisca e Innocenti medaglie d’argento, ma le loro parole sono oro

Elisa DiFrancisca, medaglia d’argento nel fioretto individuale, mostra una bandiera dell'Unione europea contro il terrorismo (LaPresse)
Elisa DiFrancisca, medaglia d’argento nel fioretto individuale, mostra una bandiera dell'Unione europea contro il terrorismo (LaPresse)

RIO DE JANEIRO - Sono pesantissimi i due argenti che l'Italia ha conquistato nella quinta giornata dei Giochi di Rio. Sono due medaglie che vanno oltre lo sport, per le parole e i gesti che li hanno accompagnati. Dopo l'eliminazione agli ottavi di Arianna Errigo, Elisa Di Francisca, oro a Londra 2012 nel fioretto individuale, non è riuscita a difendere lo scettro e si è inchinata per 12-11 alla russa Imma Deriglazova, che ha un maestro italianissimo, Stefano Cerioni.

Durante la cerimonia, la campionessa di Jesi ha sventolato una bandiera dell'Unione europea contro il terrorismo e la medaglia di bronzo, la tunisina Boubakri, prima africana a conquistare una medaglia olimpica nella scherma, ha dedicato il suo risultato a tutte le connazionali, «alle ragazze, a tutte le donne tunisine e arabe, che occupano un ruolo nuovo nella società». Sono stati due momenti di grande intensità: in questa fase di scarsa credibilità dello sport, solo gli atleti e la loro coscienza lo potranno salvare. Le regole antidoping sono un colabrodo?

I valori dello sport sono annacquati dal denaro? Devono essere gli atleti stessi a dimostrare di avere una coscienza, una cultura del vivere insieme e sul podio del fioretto Di Francisca e Boubakri l'hanno dimostrato.

Qualcosa di simile è avvenuto al poligono di Deodoro con Innocenti, medaglia d'argento un po' a sorpresa nel double trap dietro il kuwaitiano Fehayd Aldeehani. Il tiratore di Prato, alla quinta Olimpiade, ha confessato che «vento, pioggia e condizioni atmosferiche lo hanno disturbato assai». Ha dedicato la medaglia alla famiglia e in particolare alla sorella e ha ricordato di essere «l'unico nella squadra di tiro a volo a non appartenere a un corpo dello Stato: questo dimostra che con volontà e passione si può raggiungere qualsiasi traguardo».

Sia come singoli, sia come Paese: «Noi Italiani – ha concluso – ci mortifichiamo da soli. Voglio ricordare che il nostro Paese produce eccellenza mondiale nelle armi tanto che tutti i miei colleghi usano materiale italiano. In alcuni ambiti siamo leader e dobbiamo essere fieri del made in Italy che il Paese esporta». Sportivi fieri e coscienti capaci di ribaltare i luoghi comuni: lo sport può ancora salvare il mondo.

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