Altro che prender parte ai Giochi di Rio de Janeiro. Otto anni di squalifica, Olimpiadi in fumo, carriera finita. Tanto ha riservato il Tribunale di arbitrato sportivo ad Alex Schwazer, per la nuova positività a uno steroide sintetico rilevata in un controllo del 1 gennaio scorso. Il verdetto arriva dopo l'udienza fiume di due giorni fa in cui Schwazer aveva esposto le proprie ragioni, chiedendo l'audizione di alcuni testimoni via skype e producendo documenti e perizie.
Il Tas ha però accolto tutte le richieste della Federatletica internazionale e quindi non ha concesso alcuna attenuante al marciatore altoatesino che sognava le Olimpiadi di Rio de Janeiro, obiettivo che si era prefissato da oltre un anno, quando aveva iniziato la collaborazione con Sandro Donati, l'allenatore da sempre in prima fila della lotta al doping. «Sono distrutto», è stato l'unico commento del 31enne marciatore, riferito da Donati nel corso di una conferenza stampa convocata a Rio dopo la sentenza.
«È evidente un fine persecutorio nei confronti di Alex. Di riffa o di raffa dovevano eliminare Schwazer – attacca Donati-. Ad Alex hanno stroncato la vita. Stamattina ha marciato per una quarantina di km a una velocità che tolti uno o due marciatori nessuno saprebbe tenere nemmeno in gara. E' evidente che era facile incolpare uno con un precedente. Poi avete visto con quale tecnica, anche medici interessati da procedimenti giudiziario, si siano affrettati a definirlo persino “bipolare”. Alex è lineare, coerente, semplice, affidabile. Ha sbagliato una volta, con sua quota di responsabilità coinvolgendo anche la Kostner in una cosa in cui non entrava niente. Ma in quel periodo è stato abbandonato a sé stesso». E poi, subito, un altro affondo: «Non gli è stato dato un allenatore adeguato. Qualcuno gli ha prescritto un antidepressivo per email. Sapevano che aveva incontrato il dott. Michele Ferrari e nessuno è intervenuto. Gli hanno permesso di andare in Germania per un mese. Tutti si sono sottratti, il Coni e la federazione”. Ma cosa accadrà adesso? “Alex è cresciuto tanto in questi anni e ha l'equilibrio per affrontare la vita anche fuori dall'atletica. Lui dopo Rio l'avrebbe abbandonata comunque. C'è stata un'opera di delegittimazione di Schwazer appena ha iniziato a lavorare con me».
Torna invece ad attaccare Schwazer Gianmarco Tamberi, a Rio per seguire le gare nonostante l'infortunio che gli ha impedito di essere tra i protagonisti del salto in alto: «Mi chiedete se 8 anni sono giusti? Non sono io a dovermi esprimere, ma Schwazer è stato trovato positivo due volte, e questo non sono io a dirlo... ho sempre pensato che un'atleta pizzicato per doping non debba più vestire la maglia azzurra perché non rappresenta più i valori della nazionale».
Dello stesso parere Elisa Di Francisca, fresca vincitrice dell’argento nel fioretto: «Non ho mai barato, non ho mai pagato nessuno per farmi vincere. Ho la coscienza pulita perché non mi sono mai dopata in vita mia. Questa è la mia linea e lo sarà sempre, i risultati li voglio ottenere solo attraverso
i miei sacrifici». Ma il braccio di ferro legale intorno al caso Schwazer è tutt'altro che finito: svanite le Olimpiadi, per l'altoatesino c'è ancora la possibilità di andare fino all'ultimo grado di giudizio che è la Corte Federale svizzera. Il 31enne marciatore di Calice di Racines farà richiesta di esame del Dna. Il campione olimpico di Pechino 2008 – squalificato una prima volta per due anni per il doping l vigilia dei Giochi di Londra 2012 - era stato trovato di nuovo positivo all'esame antidoping del primo gennaio 2016, ma solamente a seguito di un test di laboratorio effettuato oltre tre mesi dopo l'esame che inizialmente aveva dato esito negativo. Gravi - secondo la difesa - sono stati i ritardi nella comunicazione all'atleta da parte della Iaaf. Infatti, sono trascorsi oltre 40 giorni dal momento della positività riscontrata, il 13 maggio, alla notifica, avvenuta il 21 giugno. Insomma, se il caso sportivo è chiuso, tutta la verità è ancora da scrivere.
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