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Referendum, D’Alema lancia i comitati del no: se vinciamo addio…

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Referendum, D’Alema lancia i comitati del no: se vinciamo addio al partito della Nazione

«Trovo sgradevole che il governo non decida la data del referendum, perché dà la sensazione di una furbizia». Lo ha dichiarato Massimo D’Alema, lanciando dal cinema Farnese a Roma i comitati di centrosinistra per il “No”. Con un attacco senza giri di parole: «La vittoria del No segnerebbe la fine di questa idea renziana del Partito della Nazione, un progetto dannoso che ha provocato una frattura fra il popolo della sinistra e il Pd. Sarebbe un risveglio positivo per l'Italia». La realtà, ha aggiunto D’Alema, «è che era tutto pensato per un plebiscito personale in un’escalation referendum ed elezioni, ma la situazione è cambiata e non si ha più chiaro in mente che cosa si vuol fare».

Oggi il premier Matteo Renzi nella conferenza stampa al termine del G20, continuando nella nuova strategia di spersonalizzazione dell’appuntamento referendario, ha preso tempo sulla data, che ieri il ministro Maria Elena Boschi ha collocato tra la fine di novembre e inizio dicembre. «Nei prossimi giorni, ascoltando i soggetti interessati il Cdm fisserà la data, ragionevolmente nei tempi già previsti», ha spiegato il premier. E ha precisato che «il referendum deve essere fissato entro il 13 ottobre. Dal giorno in cui viene fissato devono decorrere tra i 50 e i 70 giorni, è tutto scritto nella legge e non vedo problemi».

D’Alema: referendum è pastrocchio che spacca Paese
D’Alema ha sottolineato che i comitati per il no nascono «per demistificare la
paccottiglia ideologica» della riforma costituzionale ed elettorale del governo. Indicando Guido Calvi come presidente dei comitati del centrosinistra per il “No”, l’ex ministro ha definito la riforma «un pastrocchio che spacca in due il
Paese». E ha sottolineato che la riforma costituzionale fatta da Silvio Berlusconi «non è molto diversa da questa, per cui è difficile che chi si oppose allora voti ora a favore di una riforma che riprende dei temi in qualche caso peggiorandoli».
L’ex ministro ha spiegato così le ragioni della sua contrarietà al Ddl Boschi, criticata nel metodo e nel merito: «Non voglio negare il valore della governabilità ma il tema della democrazia non può essere ridotto al problema della governabilità».

«Partito senza popolo ma non creo partito»
Dall’ex premier è arrivata però la rassicurazione di non lavorare a una scissione. «Non siamo qui per un'iniziativa che vuole dividere il Pd, a noi si sono rivolte molte persone non del Pd perchè ci sono milioni di persone che hanno smesso di
votare. Alle ultime amministrative, il Pd ha perso più di un milione di voti. C'è un partito senza popolo e un popolo senza partito, al quale non vogliamo dare un partito ma un'occasione d'impegno civile».Ma l’appello, concludendo il suo intervento all'incontro dei sostenitori del No al referendum, è a «non perdersi di vista». Non solo da qui al referendum «ma anche dopo», perché c’è bisogno di uno spazio di partecipazione e militanza in cui si possa sentirsi orgogliosi di essere militanti della sinistra, del centrosinistra e del mondo cattolico democratico».

Gelida la risposta dei renziani, con il senatore Andrea Marcucci: «D'Alema ha battezzato il comitato del No a prescindere. Ora basta un sì per approvare le riforme, che la sua Bicamerale non ha mai fatto». Ma Gianni Cuperlo, esponente della sinistra Dem, ha rilanciato: «Renzi dica con chiarezza cosa pensa del pacchetto di proposte su legge elettorale, elezione dei senatori, immunità, tutele delle minoranze. Sulla base di questo ciascuno assumerà in coscienza la scelta ritenuta più giusta».

Centrosinistra diviso
Il referendum costituzionale divide il centrosinistra. In sostegno del Sì è arrivata ieri la lettera appello della “Sinistra per il sì”, che il 2 ottobre farà la sua assemblea a Milano. Personalità della politica e della società civile, che dichiarano di «avere a cuore prima di tutto democrazia, lavoro, welfare, solidarietà, equità, partecipazione. Per una democrazia inclusiva e decidente». Tra i primi a firmare Luigi Berlinguer, Domenico Chiti, Cesare Damiano, Piero Fassino, Anna Finocchiaro, Maurizio Martina, Matteo Orfini, Andrea Orlando, Nicola Zingaretti. Ma il leader della minoranza Pd Roberto Speranza, invocando il dialogo, ha sottolineati che «il Pd non può trasformarsi in un mega comitato elettorale per il sì o in una caserma in cui si ha cittadinanza solo se si vota sì».

Diversa da quella D’Alema la posizione della maggior parte della minoranza dem, disponibile a un Sì al referendum a patto che da parte del premier e segretario del Pd venga una proposta di modifica all'Italicum. I bersaniani hanno già presentato la loro, di proposta: un Mattarellum 2.0 basato sui collegi uninominali e rivisto con il premio di maggioranza alla coalizione (non lista) che arriva prima. Ma è chiaro a tutti che prima del referendum Renzi non aprirà a modifiche, anche perché si attende la pronuncia della Corte costituzionale il 4 ottobre prossimo sulla legittimità dei ricorsi contro l'Italicum presentati dai Tribunali di Messina e di Torino.

D’Alema: spero che minoranza Pd decida
Sulle possibili modifiche dell’Italicum è scettico però D’Alema, che ha dichiarato: «Spero che la minoranza Pd prima o poi decida. Hanno chiesto un'iniziativa politica del premier per la modifica della legge elettorale, al momento non c'è nè è stata annunciata quindi spero che la minoranza ne tragga le conseguenze».
Ai giornalisti che gli chiedevano se sia deluso per l'assenza all'assemblea di Pier Luigi Bersani e Gianni Cuperlo, D'Alema si è limitato a dire: «No, lo sapevo, ci parliamo».


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