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«Sempre avanti», l’autobiografia (precoce...) di Mauro Icardi

Mauro Icardi è un indiscusso cannoniere, un discutibile capitano, un improbabile scrittore. Ma soprattutto è un «hombre vertical» di nemmeno 24 anni che non ama la periferia delle cose, dei palcoscenici veri o costruiti ad arte. Lui che a 12 anni era l'unico «che girava con la fionda di legno nei pantaloni mentre il resto degli amici aveva la rivoltella». Lui che a 6 era già idolo nel campetto di Sarratea (Argentina), «grazie ai miei gol che bucavano ogni porta, e non c’era portiere capace di resistere ai miei tiri». Icardi da grande ha imparato subito l’arte della sfrontatezza, della vendita di sé stesso a caro prezzo. Forse perché da piccino non aveva paura del buio, «essendo nato e cresciuto vicino alle villas, le favelas argentine dove c’è la più alta concentrazione di delinquenti, spacciatori e assassini di tutto il Paese».

Un guerriero predestinato, ma anche un fuoriclasse dell’autocelebrazione. Andazzo-standard di molti suoi colleghi, Maurito non fa eccezione. Un tempo i calciatori erano eroi di un prato, di un sogno. Oggi pontificano pensieri, opere e missioni, trasformando in oro l’aria che respirano, persino il nulla quotidiano. E giù “like” a manetta. Ma tanto vale provare a capire. E magari leggere, senza particolari aspettative, l’autobiografia di questo (bravo) calciatore. Di questo bomber statico e micidiale, esplosivo e redditizio in campo come pochi. Un uomo-rete che giovanissimo ha voluto ricoprire di immenso «il normale». Per approdare a qualcosa, un libro, che vorrebbe dipingere con i colori accesi dell’epica, dell’indimenticabile.

E così il Nostro ha pubblicato «Sempre Avanti», scritto con Paolo Fontanesi, edizioni Sperling & Kupfer. Testo per molti e soprattutto per incalliti fans. Non per i giovanotti della curva nord interista, ancora offesi (eufemismo) per i versi che l’autore dedicava loro (nella prima versione del libro) dopo il litigio in un Sassuolo-Inter di due anni fa. «Sono pronto ad affrontarli uno ad uno. Quanti sono? Cinquanta, cento, duecento? Va bene. Porto cento criminali che li ammazzano sul posto, poi vediamo». La curva nord si è risentita parecchio. Icardi ha ordinato ristampa e rimozione delle frasi dal libro, e così la polemica è in parte rientrata. A suon di goals. Più della metà di quelli nerazzurri sono roba sua, e sono pure roba buona, vitale per la complicata causa interista.

Resta il resto del libro. Qualche racconto inedito, talvolta divertente. Una vita, una (breve) carriera che l’autore ci fa però sembrare quella di Maradona e Pelè. A cominciare dalla sua parentesi genovese, con la maglia della Sampdoria. «Era il 3 aprile del 2013, giocavamo in casa contro i nerazzurri. Durante tutta la partita ho corso in lungo e in largo dietro al pallone per dimostrare agli avversari quello di cui sono capace. Mancavano ancora sessanta giorni al mio trasferimento all’Inter, ma la notizia era già sulla bocca di tutti. Due mesi prima di quella partita, il 2 febbraio, avevo incontrato a Milano Marco Branca. Il direttore sportivo nerazzurro aveva rassicurato mio padre (C’è un forte interesse della società verso suo figlio...). Pochi giorni dopo l'incontro con Branca, è stato Moratti a risolvere la trattativa con la Sampdoria. Non appena saputo dell’acquisto di Balotelli da parte del Milan, proprio l’ultimo giorno di calciomercato, con un tempismo da campione l’ex presidente è riuscito ad anticipare tutte le altre società mettendo sul tavolo di Garrone l’offerta vincente. Nel frattempo si erano fatti avanti il Napoli, la Juventus e altre grandi d’Europa. È grazie a Moratti se sono un giocatore dell’Inter».

L’inizio della storia nerazzurra coincide più o meno con l’inizio della sua love story con Wanda Nara, attuale compagna e procuratrice, che pur di fargli avere (ed ottenere) l’ennesimo ritocco contrattuale avrebbe telefonato anche alla luna. Ex moglie di Maxi Lopez, amico e compagno di squadra di Maurito, Wanda «la bionda» decise di “testare” il centravanti nerazzurro durante la tournee statunitense dell’Inter di Mazzarri. Inviò un sms al futuro fidanzato, chiedendogli di comprarle un iPad. «Era Wanda che desiderava così tanto quell’iPad, o era un pretesto per sentirmi? Quel suo messaggio, che a me aveva fatto piacere ricevere, lasciava forse presagire qualcosa che andava oltre un semplice favore? E pensare che Wanda, che nel frattempo era diventata mia amica, si dava molto da fare per presentarmi tutte le ragazze che conosceva: voleva aiutarmi a trovare una nuova fidanzata». Il quesito del WhattsApp malandrino venne presto risolto. Tra le ire di Maxi e di Diego Maradona, che da allora definisce il Nostro «un traditore», e forse anche per questo (e si dice per il veto del clan di Leo Messi) Icardi non viene convocato in Nazionale. Invece Wanda convocò Icardi per una breve vacanze alle Eolie, con amici e Maxi Lopez al seguito. Il resto lo fece la crisi col marito, l’azzurro del mare, la chimica tra i due.

Poi c’è Icardi calciatore, e quella fascia da capitano associata alla grande professionalità negli allenamenti, confermata da tutti i tecnici che lo hanno allenato. Ma la leadership, dentro e fuori il campo, non sembra (ancora) appartenergli. Si dice che il bravo ma poco carismatico Icardi, a guida dei compagni, sia lo specchio dei tempi. In un Inter rifatta, confusa, a caccia di sé stessa. «Nessuno gliela tocca quella fascia», ha sbottato Wanda nei giorni del confitto con la curva. E intanto Mauro, nel suo libro, mette nero su bianco amore e fedeltà alla Beneamata. «Sono tre anni che milito nell’Inter, e ogni volta che riapre il calciomercato ascolto sempre le stesse cose. Lo ripeto ancora: io sono interista. Io sono qua e sto bene qua. Lo dico da sempre. Sono il capitano. Punto». Con o senza la penna da scrittore. E con la fionda di legno nei calzoni.

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