L’addio al bicameralismo perfetto che caratterizza il sistema parlamentare italiano modifica profondamente l’iter che secondo la riforma porterà le leggi in Gazzetta Ufficiale: nel quadro disegnato dal nuovo testo che sarà sottoposto al referendum del 4 dicembre si possono individuare 14 diverse strade, che nascono dalla fine della «funzione legislativa collettiva» prevista per Camera e Senato dall’attuale articolo 70 della Costituzione oppure adattano al nuovo contesto i meccanismi già in vigore oggi. Anche ora, infatti, il percorso può cambiare a seconda della tipologia del provvedimento, dal decreto legge alla legge costituzionale, oppure della materia, come accade per l’amnistia e l’indulto.
Con la riforma, ovviamente, la via principale del cammino passa solo dalla Camera, chiamata ad approvare senza “navetta” i disegni di legge. Il nuovo Senato, però, rimane in campo, perché riceve tutti i disegni di legge varati dalla Camera e può decidere di esaminarli, a patto che un terzo dei suoi componenti lo chieda entro 10 giorni. Se questo accade, a Palazzo Madama vengono dati 30 giorni per studiare la pratica ed eventualmente proporre modifiche, su cui la Camera si deve poi pronunciare in via definitiva.
Se in discussione c’è la legge di bilancio, l’esame del Senato è “automatico”, nel senso che ha bisogno di una richiesta esplicita, ma i giorni a disposizione per le proposte di correttivi scendono a 15. Il peso del Senato cresce poi quando il governo interviene su materie estranee alla propria competenza esclusiva per tutelare «l’interesse nazionale» o «l’unità giuridica o economica della Repubblica» (clausola di supremazia): in gioco, in questo caso, c’è l’autonomia territoriale, per cui se il Senato chiede modifiche a maggioranza assoluta dei componenti la Camera ha bisogno della stessa soglia per respingerle.
Sulla percentuale di leggi che in caso di vittoria del «sì» saranno effettivamente richiamate dal nuovo Senato è difficile fare previsioni fondate, perché in campo entrano variabili come la geografia politica dell’assemblea e il suo funzionamento reale. Nell’assetto costituzionale riformato, comunque, il Senato unirebbe al ruolo di garanzia tipico della seconda camera quello di rappresentanza delle autonomie, e da questo mix di funzioni dipende l’elenco delle materie che in base al nuovo articolo 70 rimarrebbero in carico a entrambi i rami del parlamento: la lista è lunga, comprende materie che spaziano dalle leggi costituzionali (sempre con la procedura rafforzata scritta nell’articolo 138) alle norme sulla partecipazione dell’Italia alle regole Ue, e si concentrano sui temi locali come l’ordinamento di Comuni e Città metropolitane e i rapporti con le Regioni. Temi di peso, che però occupano di solito una ristretta minoranza della produzione legislativa ordinaria.
L’altra novità chiave nei meccanismi riscritti dalla riforma riguarda le «corsie preferenziali» che possono essere imboccate da alcune leggi, ritenute urgenti dal governo per l’attuazione del suo programma oppure dalla Camera. Questo principio, pensato come antidoto ulteriore al rischio di tempi troppo lunghi nel percorso parlamentare, non può essere applicato alle materie che rimangono “bicamerali” e ad altri temi chiave come le leggi di bilancio, e blinda negli altri casi il calendario: se la priorità è riconosciuta, la Camera ha 70 giorni di tempo per pronunciarsi in via definitiva, prorogabili di altri 15 giorni se lo impone il passaggio in commissione e la complessità del provvedimento, e anche i tempi per l’eventuale richiamo da parte del Senato sono dimezzati (5 giorni per decidere l’esame e 15 per effettuarlo). Anche la Camera può mettere il timbro di urgenza sulle leggi: la dichiarazione va votata a maggioranza assoluta dei componenti, e i regolamenti fissano iter abbreviati per questi casi.
Nelle intenzioni della riforma, questi meccanismi possono abbassare la febbre dei decreti legge, il cui abuso rappresenta una dei colpi più evidenti ai principi bicamerali, utilizzato da tutti i governi degli ultimi anni. I decreti rimarrebbero anche nel nuovo scenario, ma con vincoli in più. Prima di tutto viene fissato in Costituzione il criterio del «contenuto specifico, omogeneo e attinente al titolo», oggi posto dalla giurisprudenza della Consulta come premessa indispensabile della «necessità e urgenza» che giustifica il decreto, e si specifica che le misure devono essere «di immediata applicazione». Anche sulla legge di conversione può intervenire il Senato, decidendolo entro 30 giorni dalla presentazione alla Camera. In questo caso, la Camera ha 40 giorni per trasmettere il testo a Palazzo Madama, che deve deliberare le eventuali proposte di modifica in 10 giorni.