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Dossier | N. 177 articoliElezioni 2018-Ultime notizie, interviste e video

Taglio al cuneo fiscale priorità per Pd e Fi. M5S e LeU: riscrivere il jobs act

Pd e Forza Italia rilanciano sul costo del lavoro, puntando, con accenti diversi, a una nuova riduzione del cuneo che grava su imprese e lavoratori. M5S e Liberi e Uguali pensano invece a riscrivere il Jobs act, proponendo il ripristino delle tutele reali dell’articolo 18 ante Fornero (almeno fino al decollo della flexicurity) e la reintroduzione delle “causali” nei rapporti a termine, vale a dire le “ragioni giustificatrici” del ricorso a un contratto temporaneo, cancellate nel 2014 dal decreto Poletti. La Lega Nord è d’accordo a una sforbiciata delle tasse sul lavoro, ma chiede anche regole semplici per favorire nuove assunzioni e di ridare centralità alle imprese nella formazione e nei programmi di politica attiva.

Nelle prime idee dei partiti – in attesa di conoscere le proposte concrete in vista del voto del 4 marzo – il lavoro si conferma un capitolo “caldo” e delicato. Per la ricetta del Pd è stato proprio Matteo Renzi a rilanciare il lavoro in stato già avanzato che sta facendo Tommaso Nanninici, professore alla Bocconi e braccio destro dell’ex premier sui temi economici e dell’occupazione. Il Pd, se tornerà al governo, proseguirà «nella strada tracciata dal Jobs act, con il lavoro stabile che dovrà costare strutturalmente meno». A oggi «c’è uno sgravio, triennale, per chi stabilizza giovani – aggiunge Marco Leonardi, a capo del team economico di palazzo Chigi –. L’idea è proseguire, poi, con un ulteriore taglio del cuneo di tre/quattro punti, da attuare gradualmente nel corso della nuova legislatura». Un’operazione costosa (ogni punto di cuneo in meno sui nuovi contratti a tempo indeterminato vale circa 2,6 miliardi); che, tuttavia, nelle intenzioni dem, nel futuro programma, potrà essere affiancata da una sforbiciata anche all’Irpef «privilegiando i redditi medio-bassi e le famiglie numerose» spiega Nannicini.

POLITICHE DEL LAVORO, LE PROPOSTE DEI PARTITI

La proposta “taglia tasse sul lavoro” è una priorità pure per Renato Brunetta, economista e capogruppo degli azzurri alla Camera: «A differenza di quanto fatto dalla sinistra in questi anni diminuiremo il costo del lavoro, riducendo strutturalmente per tutti il carico fiscale e contributivo sul contratto a tempo indeterminato». Forza Italia ritiene poi strategico tornare alla legge Biagi, nella versione 4.0, investire sui liberi professionisti, detassare ulteriormente l’apprendistato formativo, ripristinare i voucher e creare, aggiunge Severino Nappi, responsabile nazionale di Fi per il Sud, «un rapporto tra produttività e flessibilità» per rilanciare industria e Paese. Il ritorno dei “buoni” è condiviso da Massimiliano Fedriga, capogruppo della Lega Nord a Montecitorio: «Serve poi il salario minimo come garanzia di uno stipendio adeguato».

Tiziana Ciprini (M5S), membro della commissione Lavoro della Camera, oltre al ritorno al vecchio articolo 18, propone la riforma dei centri per l’impiego; e il decollo del reddito di cittadinanza, destinato, nel tempo, ad assorbire i vari strumenti di sostegno al reddito oggi esistenti. Apertamente contro il Jobs act e le politiche dei governi Renzi e Gentiloni è l’economista di Liberi e Uguali, Stefano Fassina: «La decontribuzione non ha funzionato. Servono investimenti pubblici. E vanno ridati diritti ai lavoratori: per questo vogliamo reintrodurre le tutele piene dell’articolo 18 e le causali nei contratti a termine. Disco rosso all’alternanza scuola-lavoro: per ora è solo sfruttamento degli studenti».

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