Comunicazioni e incrocio dei dati, soprattutto per l’Iva. Redditometro in soffitta e addio postdatato agli studi di settore. Ma è stata anche la stagione dei nuovi condoni tra rottamazione delle cartelle (con tanto di bis), rientro dei capitali (anche in questo caso con una seconda edizione ma flop) e definizione delle liti pendenti. La lotta all’evasione ha ormai messo da parte la “caccia” agli scontrini non emessi per puntare su un diverso livello di linguaggio che si può sintetizzare nella parola compliance.
Tradotto, vuol dire accompagnamento all’adempimento spontaneo, ossia il tentativo di portare il contribuente a dichiarare e versare quanto dovuto con lettere, alert e facendogli capire che la strada del ravvedimento operoso può essere più conveniente di una futura contestazione. Insomma, quello che uno spot pubblicitario molto in voga negli anni passati definiva «Prevenire è meglio che curare».
Una priorità quella di una lotta all’evasione efficace fortemente avvertita dalle segnalazioni arrivate dagli “e-lettori” del Sole 24 Ore in risposta all’iniziativa #iotivotose alla quale è possibile accedere tramite casella di posta elettronica (iotivotose@ilsole24ore.com).
Ma quanto vale l’evasione?
L’ultima stima (perché di stima si può parlare) fornita dal Governo risale alla nota di aggiornamento al Def (Documento di economia e finanza) secondo cui il tax gap - la differenza tra quanto potenzialmente dovuto e quanto relamente versato - ammonta a 107 miliardi di euro. Una stima che non tiene conto dell’intero “mondo” del sommerso e che farebbe lievitare notevolmente il conto.
Da qui bisogna ripartire. E i partiti soprattutto in campagna elettorale ipotizzano di riuscire a scalare questa montagna di euro di almeno il 30% l’anno. Più realisticamente gli ultimi dati forniti dall’agenzia delle Entrate sul recupero da lotta all’evasione (in attesa del consuntivo 2017) parlavano di vero e proprio record nel 2016 con 19 miliardi di euro sotratti agli evasori. Che in percentuale valgono poco più del 17%. Non solo. Il record 2016 è comunque un risultato “dopato” dagli incassiu della prima voluntary disclosure che ha portato all’Erario poco più di 4 miliardi di euro su 19 complessivi. Al netto della snatoria , dunque, che non può essere etichettata come vera e propria lotta all’evasione ma piuttosto un’emersione con “premi allegati”, la macchina del Fisco lo scorso anno ha centratato lo stesso obiettivo dell’anno precendente fermandosi a 15 miliardi.
Proposte ancora da svelare
In attesa che entrino nel vivo le proposte dei partiti, un dato è già emerso: tutti o quasi guardano alla lotta all’evasione come fonte di gettito per coprire il taglio dell’Irpef o l’introduzione della flat tax. Ad esempio il centro-destra ipotizza un recupero strabiliante dalla lotta all’evasione vicino ai 40 miliardi proprio con l’introduzione della tassa piatta. A questa verrebbe legata una stretta sulle sanzioni amministrative che potrebbero arrivare in caso di evasione smascherata anche alla chiusura dell’esercizio o dell’attività commerciale e fino al sequestro dei beni.
Anche i Cinque Stelle parlano di incrocio dei dati e digitalizzazione degli adempimenti. Ma il candidato premier Luigi Di Maio è tornato a insistere sugli strumenti da superare: «Gli studi di settore non vanno sostituiti con altri studi di settore che si chiamano ranking d’impresa: vanno aboliti, il che significa abolire la norma istitutiva di quello strumento». Inoltre, a suo avviso, «vanno eliminati lo split payment, lo spesometro, il redditometro che è un esempio di strumento che è stato istituito, non lo usano più come prima ma resta nell’ordinamento».
Il Pd ancora non ha scoperto le carte per questa campagna elettorale. Ma il segretario Matteo Renzi rivendica che per il suo partito «la priorità è la lotta all’evasione fiscale». Il che lascerebbe intendere una linea di continuità con le misure adottate negli ultimi anni: dalle dichiarazioni precompilate per semplificare gli adempimenti e ridurre i margini di evasione alla fattura elettronica che dal 2019 diventerà obbligatoria.
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