I sistemi elettorali sono un insieme di regole complesse. La più nota è il meccanismo di trasformazione dei voti in seggi, cioè la formula elettorale. I termini maggioritario e proporzionale si riferiscono a questa regola. Ma ce ne sono altre che possono avere un impatto molto significativo sull’esito delle elezioni prima che gli elettori esprimano il loro voto e non dopo. In altre parole, la decisione del singolo elettore di votare per un dato candidato o per un dato partito dipende essa stessa da come funziona il sistema elettorale e non solo dalle sue preferenze “originali”. Questo vuol dire che in certi casi la vera preferenza dell’elettore deve fare i conti con i meccanismi del sistema di voto. In un collegio uninominale si vorrebbe votare un certo candidato ma alla fine se ne vota un altro perché il candidato veramente preferito è un sicuro perdente. In questo caso è la formula elettorale che orienta il voto, prima che i voti vengano convertiti in seggi.
Tra le regole del sistema elettorale con cui si voterà il 4 marzo ce n’è una che può fare la differenza: quella che impedisce l’espressione di un voto disgiunto. Come è noto, gli elettori potranno votare un candidato uninominale e una lista proporzionale collegata a quel candidato, potranno votare anche solo il candidato o solo la lista ma non potranno votare un candidato uninominale e una lista non collegata a quel candidato. In altre parole, se piacciono sia il candidato di collegio che il partito non ci sono problemi. Se, invece, piace il candidato ma non il partito o la coalizione collegati a quel candidato l’elettore si trova davanti a un dilemma perché non può dividere il suo voto. Appunto: non può votare in modo disgiunto. Naturalmente lo stesso dilemma si pone se piace il partito e non piace il candidato. In questi casi come si comporteranno gli elettori? Votano l’uno o votano l’altro? Danno la precedenza al candidato o al partito?
Questa domanda vale soprattutto per gli elettori del M5s nelle regioni meridionali. Siamo fermamente convinti che le elezioni del 4 marzo si decideranno in questa area del paese. Ed è qui che il M5s ha la sua roccaforte oggi. Se i suoi elettori voteranno la lista M5s, indipendentemente dai candidati uninominali ad essa collegati, non solo il Movimento otterrà un buon risultato in termini di voti complessivi, e quindi di seggi proporzionali, ma vincerà anche un buon numero di collegi uninominali. Se andrà così, la coalizione di centro-destra non arriverà alla maggioranza assoluta. Cosa che invece potrebbe succedere se gli elettori del M5s fossero attirati dai candidati di altri partiti, facendo perdere al Movimento sia seggi proporzionali (a causa dei mancati voti alla lista) che seggi uninominali.
Il voto nelle recenti elezioni regionali in Sicilia offre la possibilità di spiegare meglio questa ipotesi. In Sicilia il candidato-presidente del Movimento, Giancarlo Cancelleri, ha preso il 35% dei voti mentre la lista M5s ne ha ottenuto solo il 27%. In Sicilia c’è il voto disgiunto. Molti elettori del M5s hanno votato Cancelleri, che in questo caso rappresentava il marchio 5 stelle, ma non hanno votato la lista 5 stelle. Hanno preferito votare altre liste con altri candidati più conosciuti. Il sistema elettorale ha consentito loro di esprimere contemporaneamente rabbia e voglia di nuovo, votando Cancelleri, e di conservare vecchi legami, votando l’uno o l’altro dei candidati nelle liste del centro-destra. Voto disgiunto e voto di preferenza hanno permesso questo comportamento. Il Rosatellum non lo consente. E questo potrebbe fare la differenza il 4 marzo. Proiettando i dati delle regionali sui 19 collegi siciliani del Rosatellum alla Camera, si vede che con i voti presi dai candidati alla presidenza della regione il M5s vincerebbe 6 seggi, il centro-destra 9, con 4 in bilico. Invece, con i voti presi dalle liste il M5s ne vincerebbe uno, il centro-destra 17, e uno sarebbe in bilico. Si noti che in nessun caso il centro-sinistra otterrebbe alcun seggio.
Torniamo alla domanda da cui siamo partiti. Il 4 marzo gli elettori pentastellati in tutto il Sud voteranno la lista M5s, trascurando il fatto che non conoscono o non apprezzano i suoi candidati, o voteranno i candidati che conoscono ma che si presentano con le liste del centro-destra o del centro-sinistra ? Insomma, nella loro decisione di voto prevarrà la voglia di protesta o il richiamo della foresta? Rabbia o interesse? È imprudente tentare oggi una risposta. Troppa incertezza. Ci sono indizi però che lasciano pensare che la forza di attrazione dei candidati in queste elezioni non sia la stessa che si è vista nelle regionali siciliane. Se questo fosse vero, le elezioni non daranno un vincitore. Se non fosse vero potrebbero vincere Berlusconi & Co. Come in Sicilia.
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