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Dossier | N. 177 articoliElezioni 2018-Ultime notizie, interviste e video

Elezioni 2018, il «metodo» Mattarella per evitare il nuovo voto subito

In questi giorni che precedono il 4 marzo, cresce l’attenzione su quali saranno i passi del capo dello Stato, quale il metodo e i tempi per gestire il dopo-voto. Vale innanzitutto quello che Mattarella disse nel messaggio di fine anno, che le elezioni sono una «pagina bianca» e che a scriverla saranno «gli elettori, i partiti e il Parlamento». Un’impostazione che dava già il senso del cambiamento prodotto da questa legge elettorale, sostanzialmente proporzionale, che riporta alla Prima Repubblica. E quindi, se le urne non daranno un vincitore, bisognerà dare il tempo ai partiti di trovare una formula nuova e diversa che abbia la maggioranza alle Camere. Non ci sarà, quindi, la corsa a un nuovo voto ma il tentativo, paziente, o più tentativi di dare un Governo al Paese.

Al Quirinale si aspetta quindi che la «pagina bianca» venga scritta dagli elettori perché senza avere i numeri sotto gli occhi, con le percentuali di ciascuna forza politica, è impossibile prevedere la “soluzione” in caso di impasse. Tuttavia alcuni punti fermi ci sono. E il primo di questi è che non ci sarà un ritorno alle urne in tempi brevi. Certamente non prima dell’estate, poi in autunno c’è pure la legge di bilancio. Come si diceva, questa nuova legge elettorale ci proietta in un nuovo mondo, un ritorno alla Prima Repubblica quando per gestire le crisi c'era bisogno di tempo. E a maggior ragione ce ne sarà ora che il sistema deve digerire il passaggio da una fase di bipolarismo e premio di maggioranza a una fase in cui il bipolarismo muore e la legge è prevalentemente proporzionale. E dunque, bisognerà far decantare i toni da campagna elettorale, dare tempo ai partiti per masticare i risultati e rendersi disponibili a larghe intese per guidare il Paese se le proposte fatte agli elettori non avranno raggiunto la maggioranza. Tutto questo porterà il capo dello Stato a prestare massimo ascolto a tutti, nessuno escluso.

Il “metodo” sarà quello di creare le condizioni di una partecipazione istituzionale di tutti i soggetti, alcuni dei quali - peraltro - hanno già cambiato linguaggio come è successo per i 5 Stelle a guida Di Maio. Ecco il ruolo del Colle sarà quello di facilitare le intese, le mediazioni senza tuttavia sottrarre responsabilità politica ai partiti. Questo è un altro punto fermo. Ed è la ragione per cui al Quirinale l’espressione “governo del presidente” non è mai piaciuta, perché ogni governo ha la fiducia del Parlamento e quindi ha un’investitura delle forze politiche. In questa chiave, immaginare che un governo Gentiloni dimissionario possa durare a lungo con lo “scudo” del Colle ha forti limiti. Ogni Esecutivo ha bisogno di un rapporto con il Parlamento, soprattutto se è rinnovato, quindi ritrovare un “legame” fiduciario sarebbe, a un certo punto, indispensabile. E qui, però, conterà la performance del Pd e i rapporti di forza con gli altri partiti.

Come è nella prassi, Gentiloni si dimetterà dopo l’elezione dei presidenti di Camera e Senato, da lì partirà la fase delle consultazioni. Ma già questi due test forniranno un’indicazione utile di partenza al capo dello Stato. Si partirà, cioè, dalla maggioranza che ha eletto i due presidenti. Perché la regola è che si affida un incarico a chi ha la ragionevole possibilità di avere la maggioranza, non al primo partito come dicevano i grillini. E qui c’è un altro punto fermo, non basta essere primi. Come si ricorda, Giorgio Napolitano non trasformò in incarico pieno quello a Bersani perché non fu in grado di dimostrare che aveva la maggioranza. E questo è un precedente a cui si guarda con attenzione perché un mandato pieno venga dato con molta cautela. Insomma, non si tenta la sorte in Parlamento.

Se questo sarà lo scenario italiano, quello di prendere tempo per trovare una soluzione di Governo, non sarà l’unico in Europa: la Germania da più di 5 mesi è alla ricerca di un governo con la Merkel che ha provato prima una formula politica e poi un’altra. Servirà una tessitura che il Quirinale farà nell’ottica della stabilità e dell’orizzonte europeo, denso di appuntamenti nel 2019: il processo di integrazione Ue, le elezioni europee, senza contare che di lì a pochi mesi scadrà il mandato di Mario Draghi nella Bce.

Naturalmente i fari sono puntati sul capo dello Stato se non ci sarà un vincitore, ipotesi tra le più gettonate per il meccanismo del Rosatellum. Ma se il centro-destra - coalizione che i sondaggi danno avanti - dovesse conquistare la maggioranza in entrambe le Camere, avranno l’incarico (c’è Antonio Tajani in pista). Ma il capo dello Stato farà valere le prerogative dell’articolo 92 della Costituzione. Questo vuol dire che nella scelta di alcune caselle delicate come l’Interno il punto di vista del Colle avrà il suo peso. Non basterà, insomma, l’investitura di Berlusconi a Salvini.

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