Tra quel 62% di intervistati che in questo sondaggio ha manifestato la sua intenzione di voto il M5s si conferma il primo partito del paese con il 29%, seguito dal Pd con il 23,7 per cento. Forza Italia e Lega si giocano il terzo posto con una percentuale intorno al 15. A seguire le formazioni minori. Confrontando questi dati con quelli dei sondaggi delle ultime settimane si notano molte conferme e qualche differenza. Cambia il rapporto tra Forza Italia e Lega. Più debole la prima, più forte la seconda. La forza relativa del M5S e del partito di Salvini accresce la probabilità che possano arrivare alla maggioranza assoluta dei voti insieme a Fratelli d’Italia. Ma questo non vuol dire che arrivino alla maggioranza dei seggi. Con questo sistema elettorale le due maggioranze non andranno di pari passo.
Si profila una nuova geografia elettorale
Fin qui sono cose più o meno note. I dati più significativi di questo sondaggio sono quelli relativi alla distribuzione territoriale del voto. Qui le sorprese sono molte. Il M5S è stimato al 38% nelle regioni meridionali. È un risultato addirittura superiore a quello ottenuto dal suo candidato- presidente nelle ultime elezioni regionali siciliane (35%). Ma anche nelle quattro regioni della “ex zona rossa” il partito di Di Maio arriva al 26% contro il 28,8% del Pd. La sua area di relativa debolezza è il Nord dove si ferma al 20,9%, un risultato che lo avvicina alla Lega ma molto inferiore a quello del Pd che con il suo 27% è il primo partito in questa zona. Il partito di Renzi va bene al Nord, ma meno bene nella sua roccaforte tradizionale, le quattro regioni della ex zona rossa, dove invece le intenzioni di voto alla Lega arrivano al 19,8%, una percentuale vicina a quella che ottiene al Nord. Il Pd non va bene nemmeno al Sud dove viene doppiato dal M5s. In questa zona non va bene nemmeno Forza Italia. Eppure è qui che il partito di Berlusconi raccoglie una percentuale di intenzioni di voto superiore a quella del Nord e molto superiore alle regioni della ex zona rossa dove addirittura il suo voto è a una cifra. Forza Italia si è meridionalizzata ma senza diventare il partito dominante come lo fu a lungo la Dc. Al Nord prende meno voti della Lega e al Sud è a molte lunghezze di distanza dal M5S, che sembra essere stato lui a raccogliere l’eredità della Dc. Per concludere sul punto, non è da sottovalutare nemmeno il 6,9% della Lega al Sud. Il progetto di Salvini di fare della Lega un partito nazionale sta prendendo piede concretamente.
In sintesi, uno dei paradossi di questa geografia elettorale è che il Pd è il primo partito sia al Nord che nella ex zona rossa, ma questo non gli basterà a vincere queste elezioni. Oltre ai partiti ci sono le coalizioni incentivate da un sistema elettorale che pur essendo prevalentemente proporzionale prevede una quota significativa di collegi uninominali senza i quali non si può avere la maggioranza assoluta dei seggi. L’unica forza politica che può puntare a questo traguardo è il centro-destra con il suo 35% di voti. Sono ancora pochi ma sono una base.
Una maggioranza difficile da raggiungere
In altri tempi (il 15 e il 27 ottobre) sulle pagine del Sole 24 Ore abbiamo pubblicato una matrice che individua la combinazione minima di seggi uninominali e di seggi proporzionali necessaria e sufficiente per ottenere la maggioranza assoluta. La formula vincente più plausibile è 40-70. Con il 40% dei seggi proporzionali e il 70% dei seggi maggioritari si arriva a 317 seggi alla Camera. Il sondaggio CISE ci dice che il centro-destra non è lontanissimo dalla meta per quanto riguarda la percentuale di seggi proporzionali. Ed è il solo ad essere in condizione di arrivarci. Il voto disperso che in questo sondaggio è dato al 5% dà una mano. Eventi favorevoli nei giorni prima del voto potrebbero fare il resto per passare dal 35% al 40 per cento.
La sfida decisiva sui seggi maggioritari
La questione aperta riguarda il 70% di seggi maggioritari. Ce la possono fare Berlusconi e alleati ad arrivare lì? In una delle tabelle in pagina abbiamo stimato i seggi uninominali che il centro-destra potrebbe ottenere al Nord e nella ex zona rossa. Nonostante la crescente volatilità delle preferenze elettorali persistono delle tendenze di voto di lungo periodo che ancora oggi caratterizzano a grandi linee Nord, ex zona Rossa e Sud. La prepotente irruzione sulla scena del M5s e la crescita della Lega fuori dal suo bacino tradizionale le ha modificate, ma non tanto da riuscire a stravolgere completamente il quadro. Il resto lo fa il collegio uninominale.
Al Nord continua a prevalere il centro-destra ma a trazione leghista. Anche in una competizione tripolare il suo vantaggio marginale in termini di voti si può tradurre in un grosso successo in termini di seggi uninominali. Secondo le nostre stime potrebbe ottenere 78 seggi maggioritari su 91. Nelle quattro regioni della ex-zona rossa continua a prevalere il Pd anche se indebolito. Al centro-destra potrebbero forse andare 13 seggi. E poi c’è il Sud con i suoi 101 seggi uninominali. Da sempre questa è la zona più ballerina del paese. Quella meno ideologica e meno vincolata ad appartenenze partitiche. Non facciamo stime per questa area. Ci limitiamo a dire che se il centro-destra prendesse il 35% dei voti a livello nazionale (con il 5% di voto disperso) e se le stime in seggi che abbiamo fatto sopra fossero corrette, per arrivare alla maggioranza assoluta alla Camera dovrebbe vincere in questa zona 83 collegi su 101. Con un M5s stimato al 38% dei voti non sembra una impresa possibile. Prima di vedere questi dati si poteva ipotizzare che una parte degli elettori del Movimento potessero essere attirati da candidati più noti del centro-destra e quindi defezionare (si veda il Sole 24 Ore dell’11 febbraio). Alla luce di questi dati, e ammesso che siano veritieri, la cosa non è realistica.
Come si vede nella tabella solo se il centro-destra riuscisse ad arrivare a livello nazionale al 40 o al 45% dei voti e quindi ridurre la sua dipendenza dai collegi del Sud l’obiettivo potrebbe essere raggiunto. Inutile dire che è molto difficile che questo avvenga. Certo, ci sono ancora milioni di elettori indecisi e potrebbero verificarsi eventi inattesi , ma matematica elettorale e tendenze di voto dicono che l’esito più probabile di queste elezioni sarà lo stallo.
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