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Dallo stallo post voto al nome di Conte premier, tutte le tappe della…

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verso l’esecutivo m5s-lega

Dallo stallo post voto al nome di Conte premier, tutte le tappe della lunga crisi

Sono passati 79 giorni dalle elezioni del 4 marzo. E il Paese non ha ancora un governo. Anche se con l’accordo raggiunto da Lega e M5s su programma e premier (il giurista Giuseppe Conte) l’obiettivo sembra vicino. Sta di fatto che questa crisi sta scalando la classifica delle trattative più lunghe per la formazione di un governo dopo il voto nella storia della Repubblica. Il primato resta quello del primo esecutivo di Giuliano Amato, avviato nell'estate del 1992 al termine di 83 giorni di complessa gestazione. Ecco le tappe principali della attuale crisi.

Le elezioni senza vincitori del 4 marzo
Le elezioni del 4 marzo segnano una netta vittoria del M5s che con il 32,6% si impone come prima forza politica del Paese. Ma il centrodestra (Lega, Forza Italia e Fratelli d'Italia e Noi con l’Italia) si afferma come coalizione più votata con il 37% dei consensi. Alla Camera e al Senato nessuno dei due schieramenti vittoriosi ha i numeri per una maggioranza parlamentare. Il Pd crolla al minimo storico (18,7%) e il segretario dem Matteo Renzi si dimette. La reggenza viene affidata al vicesegretario Maurzio Martina.

L’incarico esplorativo a Casellati il 18 aprile
Dopo due giri di consultazioni andati a vuoto il presidente Sergio Mattarella il 18 aprile affida un mandato esplorativo a tempo e delimitato alla presidente del Senato Maria Elisabetta Casellati (Forza Italia) per sondare la fattibilità di una delle ipotesi emerse: un governo tra il centrodestra unito e M5s. Ma il mandato fallisce di fronte al veto del M5S su Berlusconi e sull’ingresso di Forza Italia nel governo. Rifiutata dai Cinquestelle anche l’ipotesi di appoggio esterno.

Il mandato esplorativo a Fico il 23 aprile
Di fronte all’apparente binario morto su cui sembra finita l’alleanza M5s-centrodestra, il capo dello Stato passa a sondare la seconda ipotesi, quella di un'alleanza tra Movimento Cinque stelle-Pd. I Cinquestelle ufficialmente si sono infatti sempre detti disponibili a verificare la fattibilità di un accordo anche con i dem oltre che con la Lega. E affidano a un comitato guidato dal professor Giacinto della Cananea l’«analisi scientifica dei programmi», mettendo nero su bianco lo schema di contratto di governo in dieci punti che il Movimento potrebbe siglare sia con il Carroccio o con i dem. Il 23 aprile il capo dello Stato affida l’incarico esplorativo al presidente della Camera Roberto Fico (M5s). Incarico “mirato” in chiave M5s-Pd, speculare a quello affidato a Casellati per un Governo Centrodestra-M5s.

La chiusura di Renzi prima della direzione dem
Dopo i colloqui con la delegazione dem Fico parla di mandato «concluso con esito positivo». Si aspetta il 3 maggio, giorno in cui la direzione dem è chiamata a decidere la linea. Il partito è diviso. Ma pochi giorni dalla direzione, l'ex segretario, Matteo Renzi che è ancora punto di riferimento della maggioranza del partito, con un’intervista in tv da Fabio Fazio domenica 29 aprile, mette una pietra tombale su ogni possibile intesa con i Cinque stelle, esasperando le tensioni con tutte le altre correnti dem.

Il governo neutrale proposto da Mattarella
Di fronte allo stallo il capo dello Stato decide di prendere in mano la situazione e il 7 maggio propone un governo «neutrale, di garanzia» ma nella pienezza dei poteri, al quale si dice pronto a dar vita nell’estremo tentativo di evitare nuove elezioni. Mattarella si rivolge direttamente ai partiti, constatandone la persistente incapacità di siglare intese dopo il voto del 4 marzo e mettendo però in evidenza anomalie e rischi di urne «in estate piena» o peggio ancora in autunno, con la legge di Bilancio da approvare, l'aumento dell'Iva da disinnescare e i mercati finanziari da tenere a bada. Se dal Pd il sostegno al Colle è pieno, Lega e M5S fanno sapere di non essere disponibili a offrir i propri voti a un Esecutivo di tregua.

Il passo indietro di Berlusconi il 9 maggio
Il 9 maggio, a 66 giorni dal voto cade il principale ostacolo che si frappone alla nascita di un governo politico tra i 5 Stelle e la Lega. Silvio Berlusconi, per timore di un voto anticipato che i secondo i sondaggi penalizzarebbe Forza Italia, concede il nulla osta alla trattativa tra Matteo Salvini e Luigi Di Maio. E dà il suo via libera. Non voterà la fiducia ma consentirà ai due leader di provare a siglare un'intesa. Si parla di astensione rispetto a un governo Lega-M5S che «non segna la fine dell’alleanza di centro-destra» a livello locale. È un varco che si apre anche con il benestare del Presidente della Repubblica che concede altro tempo ai due partiti.

La chiusura del contratto di governo M5s-Lega il 17 maggio
Dopo un travagliato lavoro di stesura durato più di una settimana il 17 maggio M5s e Lega chiudono un programma di governo di 57 pagine in trenta punti. In copertina la dicitura “Contratto per il governo del cambiamento” con sotto il logo del M5S e quello della Lega. Punti qualificanti: la flat tax a due aliquote, reddito di cittadinanza, attacco al Jobs act e stop alla legge Fornero.

La consultazione della base tra il 18 e il 20 maggio
L'intesa programmatica M5s-Lega raggiunta al tavolo tecnico, passa poi al vaglio dei rispettivi elettorati. Sulla piattaforma Rousseau del M5s partecipano alla votazione venerdì 18 maggio 44.796 persone. Oltre il 94% dice sì. In circa 215mila si sono invcee recati ai gazebo organizzati dalla Lega nel weekend del 19-1. I sì hanno raggiunto il 91%.

Di Maio-Salvini indicano Conte al Colle
Il 21 maggio Lega e M5s confermano al Presidente della Repubblica le indiscrezioni della vigilia e portano al Colle il nome del 54enne Giuseppe Conte come il loro candidato alla presidenza del nascituro governo giallo-verde. Il docente di diritto privato, una cattedra a Firenze, componente del Consiglio di presidenza della Giustizia amministrativa e avvocato cassazionista del Foro di Roma è il profilo che mette d’accordo i due partner di governo, ma soprattutto è la carta che Luigi Di Maio e Matteo Salvini si giocano per convincere il Colle e rassicurare l'Europa nel giorno in cui i mercati già minacciano l’assedio al nuovo esecutivo, con le pressioni dello spread, schizzato ad un passo da quota 190, ai massimi dallo scorso giugno, il calo della Borsa di Milano, i giudizi negativi delle agenzie di rating.

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