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Sochi, in discesa libera oro ex aequo per Maze e Gisin. Merighetti quarta per un soffio

Per un po' la seconda medaglia nella velocità è stata davvero nel mirino. Daniela Merighetti continuava a resistere sul podio, facendo sognare un bis nella discesa libera dopo l'impresa di Christof Innerhofer. L'azzurra, scesa col pettorale numero nove, ha segnato tempi da primato per più di metà pista, perdendo nella parte finale 27 centesimi di secondo che l'hanno lasciata alle spalle della svizzera Dominique Gisin. L'Olimpiade è sempre un gioco strano, uno spietato incastro di dolcezze e amarezze. Il sogno ha cominciato a scricchiolare con la prova di Lara Gut, una delle atlete più attese, la giovane elvetica che puntava all'oro, ma è finita dietro la compagna di squadra. Tutte le altre sono sfilate nelle retrovie, compresa Maria Riesch, vincitrice della super combinata.

Il bronzo italiano sembrava sempre più reale. I conti però li ha chiusi Tina Maze col pettorale 21. Discesa perfetta, curve tirate col compasso, spianata nei tratti di scorrimento, leggera sui salti. Il destino ha riservato l'ultima sorpresa sul filo del traguardo: il suo tempo è identico a quello segnato da Dominique Gisin. Così è oro ex aequo, l'argento sparisce, il bronzo è di Lara Gut, i colori azzurri scalano in quarta posizione. Peccato per Daniela Merighetti, anche se la sua resta una prestazione da incorniciare. Aveva disputato solo la prima prova cronometrata: una caduta sull'ultimo salto (poi limato perché sparava le atlete troppo in alto) l'aveva costretta al riposo, cercando di far sgonfiare il ginocchio sinistro martoriato nell'atterraggio.

La beffa è ancora più grande, pensando ai quattro decimi accumulati sulla Gisin nella parte alta del tracciato. Gioia e delusione si mescolano nella bresciana di 32 anni, migliore delle azzurre, perché le sorelle Fanchini hanno mancato l'appuntamento a cinque cerchi. Dodicesima Elena, ventiduesima Nadia, tra loro c'è Verena Stuffer quattordicesima. Lara Gut era più arrabbiata che felice del bronzo. Neanche un sorriso, mentre per le due davanti a lei era tutto un pianto e un abbraccio. Chiaramente voleva il metallo più prezioso. Quello conquistato dalla connazionale alla prima medaglia individuale in carriera, a pari merito con la super campionessa Tina Maze, cui mancava giusto un oro olimpico (risultato storico per la Slovenia) dopo due argenti a Vancouver quattro anni fa.

Allora è vero che l'Olimpiade scopre ogni emozione. La Svizzera aveva due medaglie e altrettanti volti. Dominique Gisin era il ritratto dell'incredulità, perché alla partenza non avrebbe sicuramente immaginato di piazzarsi sul gradino più alto del podio e scacciare tutte le avversarie. Lara Gut era la maschera dell'occasione persa, il rifiuto del premio di consolazione, anche se lei è l'unica giovanissima sul podio (uscita nelle prime porte Anna Fenninger, infortunata Tina Weirather). Nel mezzo c'è l'umanità finalmente lasciata debordare da Tina Maze. Un bacio sulla neve di Sochi, uno sguardo luminoso che per quasi una gara intera è appartenuto anche a Daniela Merighetti.

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