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Questo articolo è stato pubblicato il 10 novembre 2013 alle ore 19:11.
L'ultima modifica è del 11 novembre 2013 alle ore 19:30.

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Merano come Davos del vino. La città che ospita il Merano Wine Festival si candida ad ospitare a partire dall'anno prossimo un forum sull'economia del vino, che metta in campo tutti i protagonisti della filiera e li faccia dialogare con il mondo della finanza e le istituzioni.

Vino e finanza
Accanto ai banchi d'assaggio avremo grandi economisti, broker e uomini del private equity? Perché no, risponde Helmuth Koecher, fondatore 22 anni fa dell'evento vinicolo più importante dopo il Vinitaly, che fa accorrere nella cittadina altoatesina più di 6mila visitatori disposti a pagare 80 euro al giorno per degustare i vini selezionati dal Festival.
L'obiettivo, ambizioso, di Koecher è creare una kermesse internazionale da cui possano emergere strategie e soluzioni per rafforzare un settore chiave dell'economia italiana. L'evento si chiamerà Weif, Wine economic international forum, e proverà a individuare ricette concrete.
Non che non ci siano già legami tra il mondo della finanza e quello del vino. Negli ultimi decenni si sono moltiplicate le iniziative, sono nati fondi d'investimento sul vino, molte cantine hanno richiamato l'attenzione degli investitori e, ultimamente, sono comparsi compratori stranieri, cinesi e sudamericani.

Il Manifesto
Per avvicinarsi al Forum il Merano Wine Festival ha avviato Dialogues, una piattaforma operativa che seguirà da vicino tutte le problematiche legate al mondo del vino e affidato a dieci esperti (da Riccardo Illy e Domenico Zonin a Oscar Farinetti) il compito di analizzare l'attuale situazione del settore e formulare delle proposte. La sintesi dei singoli contributi è diventata un Manifesto che guiderà le attività di Dialogues nel prossimo futuro.
Sei i temi su cui lavorare: i territori (cui va ridata centralità), le alleanze (lungo tutta la filiera produttiva), un soggetto unitario (una voce unica per tutti i protagonisti del mondo del vino capace di rappresentare un interlocutore autorevole per le istituzioni), un marketing innovativo (messaggi semplificati e più efficaci verso il consumatore), impulso all'export (con politiche commerciali condivise razionalizzando gli interventi), il forum internazionale (la Davos del vino a Merano).
Progetto ambizioso, certo. «Ma anche il Festival di Merano, una ventina di anni fa, sembrava un progetto irrealizzabile - commenta Koecher -. Da allora abbiamo continuato a crescere. Oggi il festival procura a Merano un indotto di 6 milioni in quattro giorni, senza contare la visibilità internazionale».

I numeri del successo
L'evento richiama 650 espositori, di cui 140 stranieri e muove un giro d'affari di un milione di euro. L'anno scorso l'utile netto è stato di 60mila euro. «Siamo sempre stati precursori - continua il fondatore e ceo - nel '92 siamo stati i primi a credere nel Nero d'Avola, che poi avrebbe avuto un colossale successo, dieci anni fa abbiamo introdotto e valorizzato i vini biodinamici, quattro anni fa abbiamo cominciato a parlare di riduzione dei gradi alcolici. La nostra forza è la selezione. Qui vengono solo le cantine invitate e portano due, massimo tre referenze».
La qualità estrema sarà anche la chiave per avere successo sui nuovi mercati, secondo Koecher, che si candida ad essere ambasciatore delle eccellenze vinicole italiane in Cina.

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