Notizie SportI momenti più difficili per un atleta e per una squadra
I momenti più difficili per un atleta e per una squadra
di Leonardo Ghilardini | 25 febbraio 2014
Sono passati tre giorni dal fischio finale dell'arbitro Steve Walsh, che ha decretato la vittoria della Scozia per un punto, 21 a 20, ma la rabbia e l'amarezza per non aver portato a casa la partita permangono costantemente all'interno di ognuno di noi.
Questi sono i momenti più difficili, per un atleta e per una squadra. Sono i momenti in cui, ancora di più, ogni componente del team si deve guardare dentro, deve capire, riflettere e analizzare la sua prestazione e il cammino che l'ha portato al match. Per crescere non è necessario cadere, ma in alcuni casi questo può trasformarsi in una molla importante per ottenere successi futuri.
Le sensazioni provate a fine partita, sotto la doccia e al risveglio il giorno seguente, si devono sempre portare dentro. Dev'essere un pensiero che ti accompagna costantemente e ti dice: "No, non voglio più sentire quello che ho provato in quei momenti".
L'errore è quasi impossibile da eliminare completamente, è nella natura umana. Però è possibile separare gli errori dai difetti: il problema è costituito dai difetti e il miglioramento consiste principalmente nella loro eliminazione. L'errore stesso diventa così un'occasione ulteriore di apprendimento. Nel momento poi dell'azione, della partita, bisogna adattarsi e rialzarsi subito, perché l'avversario è pronto a colpire proprio quando si è maggiormente difficoltà.
Ora invece, una volta terminato l'incontro, sarà compito nostro e dello staff tecnico analizzare, confrontarsi e capire i motivi che hanno portato a questo risultato e scegliere le linee di azione più adeguate. Per crescere è importante assumersi le responsabilità e portarle a termine con decisione e carattere; il rugby ci insegna ancora una volta il principio dell'umiltà, di metterci a disposizione, di apprendere.
Probabilmente nel secondo tempo non c'è stata la concentrazione necessaria per una partita di questo livello e a tratti abbiamo avuto paura di perdere, di buttare all'aria il risultato, e questo ci ha limitato nel gioco e nella gestione tattica del match. La paura di sbagliare si traduce poi in un gioco contratto, con tensioni eccessive.
L'aspetto mentale e il morale sono una risorsa fondamentale per ogni squadra di rugby, soprattutto per la nostra. L'atteggiamento di ognuno di noi dovrà essere lo stesso, indipendentemente dal risultato sul tabellone. Possono cambiare le direttive tattiche nel corso del match ma l'importante è sempre giocare al meglio delle proprie possibilità e svolgere il proprio compito fino al fischio finale.
Chiudersi a riccio diventa, in ogni caso, controproducente.
Siamo una squadra che ha già vissuto periodi di forte delusione e forse, proprio in questi momenti, siamo riusciti a tirare fuori la vera anima di questo gruppo. Domenica ci ritroveremo in raduno e ogni momento bisognerà viverlo veramente come se fosse l'ultimo. Detto questo, non significa avere paura di sbagliare o caricarci di tensioni ulteriori e controproducenti, ma renderci conto di dove siamo. Questo ci permetterà di goderci queste partite uniche ed emozionanti.
Penso che la cosa più brutta per un atleta di qualsiasi disciplina sia uscire dal campo senza essersi divertito, con il pensiero magari di non aver "lasciato tutto" o di non essersi espresso come voleva. Ci possono essere partite in cui si è più o meno coinvolti, però non c' è ragione per non prendere piacere da ogni secondo del match.
Il Sei Nazioni è un torneo splendido, affascinante e da domenica (anzi, già da ora), con il gruppo riunito per preparare la prossima sfida, dovremo avere la rabbia e la cattiveria agonistica di una squadra ferita profondamente, ma, nello stesso tempo, la determinazione di esprimere il reale potenziale che ognuno può dare.