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Questo articolo è stato pubblicato il 06 luglio 2010 alle ore 18:45.
Ci sono elementi molto positivi nella relazione al Parlamento del presidente dell'Autorità per le comunicazioni, Corrado Calabrò. Restano alcune rimozioni o sottovalutazioni che riguardano le cause dei fenomeni oggetto dell'analisi della relazione annuale. Cominciamo dall'analisi inconfutabile sui ritardi dell'Italia: siamo ai primi posti in Europa a livello di prezzi dei servizi e della concorrenza nella telefonia, ma siamo ben sotto la media Ue per: diffusione della banda larga, numero delle famiglie connesse a Internet, diffusione degli acquisti on line.
Siamo il fanalino di coda nel commercio e nei servizi elettronici. Molteplici fattori influiscono sulla domanda: Calabrò ne elenca diversi, tra cui la scarsa sostituibilità tra televisore e Internet, la diffusione stentata di Internet nelle fasce di età over 50, la paura di truffe telematiche e così via. Tutto vero. Uno dei problemi-chiave, però, è quello dei contenuti che dovrebbero attivare la crescita del Web, della tv mobile e quindi della domanda di banda larga. Contenuti spesso disponibili solo a caro prezzo, con relativa crescita della pirateria.
Capitolo media: dove, cioè, si producono i contenuti per le reti e le piattaforme, a parte quelli realizzati direttamente dagli utenti. Calabrò rileva come l'ascolto digitale su tutte le piattaforme (terrestre, satellite, cavo) ha superato quello della tv analogica. La digitalizzazione può essere completata nel 2011, aggiunge Calabrò, che preferisce non tener conto della richiesta di rinvio avanzata dalle principali associazioni delle tv locali nel Nord Italia. Il processo può rallentare ma la transizione è obbligata. Strano, piuttosto, non rimarcare alcuni effetti del modello italiano nelle sei regioni già digitali, soprattutto nel Lazio e in Campania, ma anche in Sardegna, con il drastico calo di ascolto delle principali emittenti locali.
A livello di risorse, «non vi è stato lo spostamento dalla tv tradizionale a Internet rispetto ad altri paesi». Non si spiega perchè questo avvenga in Italia. Rai e Mediaset, entrambe strettamente collegate al sistema politico, «conservano quote di ascolti ancora assai rilevanti sulle quali l'avvento della pay tv sta incidendo lentamente». Il problema è la concentrazione delle risorse (economiche, di diritti di trasmissione, di reti distributive integrate verticalmente). Senza un'analisi di questo fenomeno, a che serve la giusta reprimenda alle tv locali sui monoscopi o sui programmi ripetuti, che ci sorbiamo noi cittadini delle "felici" regioni digitali?