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Questo articolo è stato pubblicato il 27 luglio 2010 alle ore 12:49.
Sul proprio smartphone, compreso quello di Apple, si può liberamente installare e utilizzare software di altri produttori e tale azione non viola le leggi federali americane sul copyright. Questo ha stabilito, con un emendamento reso pubblico nella giornata di ieri, la Congress Library di Washington, l'autorità del Congresso degli Stati Uniti che regola la proprietà intellettuale Oltreoceano.
La sentenza rende di conseguenza legale il cosiddetto "jailbreak" e solleva da qualsiasi timore chi vuole caricare sull'iPhone e su qualsiasi telefonino intelligente applicazioni di terzi (di Google per fare un esempio) se queste acquistate o scaricate regolarmente. In estrema sintesi, i possessori del super cellulare della Mela, e di qualsiasi altro marchio, non possono essere processati per violazione della proprietà intellettuale così come questa codificata nella "Digital Millenium Copyright Act" (Dmca). Nel giorno in cui ufficialmente venivano annunciati disponibilità (da venerdì 30 luglio) e prezzi dell'iPhone 4 per l'Italia – si parte da un minimo di 659 euro per la versione da 16 Gbyte e si arriva a 779 per il modello con 32 Gbyte di capacità di memoria interna – ecco che sul capo di Apple arriva un'altra brutta notizia dopo l'ormai ben noto "pasticcio" dei problemi di ricezione del nuovo smartphone causati dall'antenna.
La decisione della Congress Library, che ovviamente non mancherà di suscitare dibattiti e polemiche in seno all'industria dei telefonini (la maggior parte degli utenti, diamolo per scontato, accoglierà con gioia il provvedimento), corona quanto richiesto nel 2008 dall'Electronic Frontier Foundation (Eff), il gruppo con sede a San Francisco che si batte per le libertà civili in America. La liberalizzazione del "jailbreak", e cioè la possibilità per tutti di poter scaricare senza limiti le applicazioni preferite (sempre che limitate all'uso privato delle stesse) sui propri smartphone, aveva trovato in Apple una fiera oppositrice per evidenti ragioni. A Cupertino, in concreto, hanno sempre sostenuto (questo il documento indirizzato all'Ufficio del Copyright) che poter aggirare legalmente il sistema proprietario per installare programmi di altri produttori non certificati e presenti nell'App Store avrebbe reso la pirateria incontrollabile e fatto aumentare sensibilmente i costi per il supporto tecnico. Nel riempire di missive in questi due anni le autorità competenti, la società ha sempre ribadito che nessuno dei suoi clienti abbia mai violato le norme del Dmca (ne andava dell'immagine di integrità del pianeta iPhone), ma stime non ufficiali parlavano di oltre 400mila utenti di iPhone statunitensi dedicatisi con successo al "jailbreak" del loro apparecchio.