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Il virus da Facebook contagia la rete e le aziende adottano policy più restrittive

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Questo articolo è stato pubblicato il 17 settembre 2010 alle ore 08:02.

L'accesso ai social media da parte dei dipendenti può rappresentare un rischio per le aziende, soprattutto per quelle medie e piccole. Secondo la ricerca Social Media Risk Index di Panda Security, infatti, negli Stati Uniti quasi un terzo delle società interpellate, con un numero di dipendenti da 15 a 1000, sono state infettate da "malware" provenienti da siti di social media. Di queste, il 35% hanno subito una perdita economica, per oltre un terzo dei casi superiore ai 5.000 dollari.

In generale, le più grandi preoccupazioni circa l'utilizzo dei social media nelle aziende riguardano la possibile diffusione di dati sensibili o le violazioni della privacy (74,5%), le infezioni da malware o virus informatici (68,6%), la perdita di produttività dei dipendenti (59,5%) e il danneggiamento del la "reputazione" dell'azienda, mentre il danno reale maggiore è dato dalla perdita della produttività (38,2% dei casi), seguita dalle infezioni informatiche (33,3%). Di fatto, nel 28,4% dei casi, tuttavia, non sono stati riscontrati danni reali dall'utilizzo dei social media.

Per quelle società che hanno subito una o più infezioni da virus o malware diffuse attraverso siti di social media, secondo la ricerca Panda Security queste sono state diffuse da Facebook nel 71,6% dei casi, da YouTube nel 41,2% e da Twitter nel 32,4%. Alla luce dei rischi, nel 71,3% dei casi è stato deciso di impedire l'accesso (filtering) ad alcuni siti.

Anche in Italia, si è dovuto a volte ricorrere al blocco di alcuni siti di social networking per evitare infezioni informatiche. Racconta Marco Scippa, Chief Human Resources di Elica, società che produce cappe da cucina presente con circa 1.350 dipendenti in Italia e un totale di 2.500 nel mondo: «Nel 2007 fummo violentemente colpiti da una infezione informatica che praticamente bloccò tutti i Pc della corporate (circa 350), e che per fortuna si risolse in 24 ore solo grazie al grande impegno, anche notturno, dei nostri colleghi del reparto It. Tutti i settori, dall'amministrazione alla logistica – spiega Scippa – si bloccarono. Probabilmente la causa del blocco fu una infezione contratta accedendo a Facebook. Di fatto, ora abbiamo ristretto l'accesso ad alcuni siti – Facebook in particolare – lasciando libero l'accesso ad altri, come YouTube o LinkedIn; quest'ultimo viene utilizzato anche internamente – chiarisce Scippa – per il recruiting. Anche grazie a questo, da quel giorno non abbiamo mai subito infezioni gravi.

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Tags Correlati: Chief Human Resources | Hp | Hr Manager | Index | Italia | Marco Scippa | Misure di sicurezza | Panda Security | Paola Caccia Dominioni | Paolo Testa | Zeta

 

Diversa l'esperienza in Hp. Paolo Testa, responsabile risorse umane della sede italiana, che conta circa 5.800 dipendenti su un totale worldwide di circa 320mila, ci dice che nel colosso informatico «grazie al cielo, non si sono mai verificati dei problemi gravi di infezioni virali, anche se ovviamente tutti i nostri pc sono protetti. In ogni caso – specifica Testa – la nostra policy è completamente aperta: non sono a conoscenza di "black list" e di siti inaccessibili all'interno della rete aziendale. Anzi, favoriamo l'accesso ai siti di social networking: per esempio su Facebook stesso esiste un gruppo Hp».

Anche per Paola Caccia Dominioni, Hr Manager di Zeta Service, società di amministrazione del personale in outsourcing con poco più di 80 dipendenti, l'accesso ai siti di social networking non ha mai comportato problemi. «Abbiamo regolamentato l'uso dei siti di social networking e in particolare quello di Facebook, dato anche che per il nostro lavoro trattiamo dati personali sensibili. In pratica, sui siti di social networking non devono essere fatti commenti riguardanti il lavoro – precisa Caccia Dominioni –. Ma l'accesso è libero, anzi quasi tutti noi siamo amici all'interno di Fb, e a volte utilizziamo questo social network per comunicazioni informali, insieme a una chat e all'intranet aziendale. Non abbiamo mai avuto problemi a livello di virus. E credo che sarebbe anacronistico – conclude Caccia Dominioni – bloccare Facebook».
franco.sarcina@ilsole24ore.com

LO SCENARIO35%
Le imprese danneggiate
Secondo la ricerca Social Media Risk Index di Panda Security, il 35% delle aziende che hanno subìto attacchi da virus hanno subìto anche un danno economico, in alcuni casi anche superiore ai 5mila dollari

71,6%
La «colpa» di Facebook
Sempre secondo lo studio, tra le aziende infettate da virus o malware, questi sono stati diffusi per il 71,6% da Facebook, per il 41,2% da YouTube e per il 32,4% da Twitter

71,3%
Il filtering sui siti
Alla luce dei rischi legati alla navigazione sui social network da parte dei dipendenti, il 71,3% delle aziende interpellate dalla ricerca ha deciso di attuare il filtering: impedire l'accesso a determinati siti internet

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