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Questo articolo è stato pubblicato il 24 settembre 2010 alle ore 22:21.
Keith Alexander lo dice chiaramente: «Bisogna creare un'internet parallela, una sorta di Internet 2 più sicura e protetta», per difendere la pubblica amministrazione, gli impianti di generazione, l'aviazione civile e il sistema bancario dagli attacchi. Se non addirittura da una vera e propria cyberwar, la guerra digitale.
La predica non viene da un pulpito qualsiasi: Alexander è il comandante dell'United States Cyber Command. Ma neppure il momento, è un momento qualsiasi: come anticipato dal Sole 24 Ore due giorni fa, durante una conferenza nel Maryland, Ralph Langner, esperto di sicurezza tedesco, ha rivelato che il virus Stuxnet – già in circolazione da diverso tempo – ha la potenzialità di alzare la posta del gioco: attaccando il sistema operativo Windows e un software della Siemens specializzato nel comandare valvole, pompe e strumenti di controllo, può causare danni e interruzioni a fabbriche, centrali elettriche e anche nucleari.
«Qui non si tratta di decidere se questo sia o no la prima vera cyber-arma» della storia, ha commentato Joe Weiss, un esperto americano da poco chiamato a testimoniare davanti al Congresso. «Gli unici dubbi sono su chi l'ha scritto e quale sia il vero obiettivo». È girata voce che Stuxnet sia stato creato per attaccare le attività nucleari iraniane: peccato che – al contrario di molte altre centrali sparse per il mondo – il nucleare di Teheran non sia collegato all'internet.
«C'è una seria possibilità che un giorno il nostro paese venga colpito da un attacco distruttivo, e dobbiamo prepararci», ha detto Alexander durante un'audizione alla House of Representatives. Il cyber-generale ha la responsabilità di difendere solo i network del Pentagono, ma anche quella di essere pronto a lanciare attacchi digitali contro nemici all'estero, ma solo se glielo chiede il presidente. «Ma chi ha la responsabilità dei sistemi informativi delle centrali elettriche, delle banche o di altre infrastrutture sensibili?», ha domandado il generale durante l'audizione a Washington, chiedendo apertamente un urgente intervento del legislatore americano.
Il Pentagono le sue brave Internet parallele ce l'ha già: si chiamano Niprnet e Siprnet. Ma Alexander ha rivelato che i siti del Pentagono su Internet vengono già attaccati con una frequenza impressionante: «circa 250mila volte all'ora», ha ammesso il generale.