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Questo articolo è stato pubblicato il 26 ottobre 2010 alle ore 18:23.
Sviluppo delle reti di nuova generazione e digital divide: opportunità di business e problemi da risolvere per i grandi operatori delle telecomunicazioni. Tematiche che vedono posizioni contrastanti. Telecom da un lato, schierata contro le altre società riunite sotto il cartello "Fibra per l'Italia" (Wind, Vodafone e Fastweb). Nodi che vengono al pettine nel convegno dal titolo "Internet Chiama Italia 2010", organizzato dall'Associazione Italiana Internet Provider (Aiip), che si è svolto nel Tempio di Adriano a Roma.
Un incontro che ha visto grandi, piccole e medie interrogarsi insieme alla pubblica amministrazione sul futuro digitale dell'Italia. «I problemi sul tappeto - afferma il presidente di Aiip, Paolo Nuti - sono molti. Tra i più rilevanti, i modelli economici dei ricavi, il tempo di ritorno degli investimenti, la concentrazione degli investimenti stessi nelle aree più profittevoli, il digital divide di nuova generazione, gli interventi pubblici, le diseconomie a livello di sistema Paese, la condivisione degli investimenti».
Ed è proprio sulla condivisione degli investimenti che si sente maggiormente il contrasto fra Telecom e le aziende promotrici di "Fibra per l'Italia", il progetto presentato a maggio, da 2,5 miliardi di euro di investimenti, per realizzare una rete in fibra destinata a connettere una parte rilevante di popolazione entro i prossimi 5 anni. Un progetto, spiega Romano Righetti di Wind, che «chiama alla cooperazione tutti gli attori del mercato garantendo condizioni uguali a tutti i soggetti coinvolti. In questo modo si vuole eliminare alla radice il rischio di un vantaggio competitivo».
È questo il modello economico più efficiente per tutti, secondo Bianca Maria Martinelli di Vodafone: «Un'unica infrastruttura terza, non di proprietà per nessuno, aperta a tutti gli operatori in concorrenza. Se questo modello non è condiviso da Telecom Italia possiamo ragionare su un modello alternativo». Quanto alla soluzione del digital divide, la Martinelli propone due direttrici principali: concorrenza sulla fibra nelle grandi città e sviluppo delle reti mobili per offrire per coprire il resto del territorio con la banda larga.
Non è della stessa opinione Giovanni Amendola di Telecom, per cui la soluzione al problema del digital divide passa attraverso gli investimenti pubblici. Interventi da distribuire con un criterio geografico: «Vi sono aree territoriali in cui al momento non si ravvedono interessi da parte dei privati per lo sviluppo delle reti di nuova generazione e aree metropolitane in cui i privati possono investire da soli in concorrenza e dove non c'è necessità di ipotizzare reti uniche. Per noi il ragionamento sull'investimento pubblico deve guardare solo alle prime zone, nelle grandi città invece l'intervento pubblico non ha alcuna ragione di esistere. Per semplificare, un euro pubblico investito a Roma è un euro in meno investito in Calabria».