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Questo articolo è stato pubblicato il 21 dicembre 2010 alle ore 13:39.
Assange: abbiamo abbastanza materiale da far dimettere i vertici delle grandi banche americane.
Trasparenza non significa verità. Jaron Lanier, ex hacker e pioniere della realtà virtuale, autore di "Tu non sei un gadget", esplora i punti controversi di WikiLeaks nel lungo saggio "I rischi della supremazia nerd", dove "nerd" indica, in questo caso, soprattutto gli attivisti tecnologici. "L'ideologia sottostante a gran parte del mondo online - non solo Wikieleaks, ma anche siti 'mainstream' come Facebook – è che l'informazione in quantità sufficientemente grande diventi Verità".
È una convinzione che, secondo Lanier, porta gli "estremisti" a credere in una "forma di vita superiore, nuova, singolare, globale, post umana", identificata nel web. I più moderati, invece, sono portati a credere che "aggiungere più informazioni a internet renda in modo automatico il mondo migliore e le persone più libere".
È una critica ai tecnoutopisti, convinti che la quantità di dati online porti alla trasparenza e, dunque, alla verità. Ma l'ex hacker tocca altri nodi del dibattito. E costruisce una sorta di mappa delle questioni aperte da WikiLeaks. A partire dall'"apertura radicale" (radical openness). Lanier ritorna sul dilemma aperto dal sovraccarico di informazioni riversate online: una valanga di cifre e parole che ha reso difficile esplorare a fondo i documenti del "cablegate" e ricostruirne il contesto per i non addetti ai lavori. Scrive: "Un problema è che l'informazione in magnitudini oceaniche può confondere e confonde tanto facilmente quanto può chiarire e attribuire potere, anche quando l'informazione è corretta".
Sono elementi che descrivono la "nerd supremacy": l'utopia che la tecnologia possa risolvere da sola questioni complesse. "Ma se vogliamo capire tutti gli aspetti di un argomento, dobbiamo fare di più che copiare i files", ricorda Lanier. L'ex hacker, infatti, ha assisto agli esordi della cultura dei nerd: è stato tra i primi a sperimentare i guanti per interagire con la realtà virtuale. E ha fiutato subito i rischi della partecipazione comunitaria online quando ha scritto un altro saggio, "maoismo digitale", per evidenziare i limiti nella democrazia delle community su internet. Conclude il suo lungo intervento puntando i riflettori sui limiti dell'interpretazione della privacy online così come è vista, in genere, dai tecnoutopisti: "Non è una proibizione anacronistica sul flusso di informazioni, ma riguarda le persone". Anzi, Lanier osserva che spostare la discussione sulle macchine e sull'oggettività autoevidente dei dati rischia di sottrarre terreno proprio alla fiducia nelle relazioni tra gli esseri umani che, per essere coltivata, ha bisogno di tempo e attenzione.