Questo articolo è stato pubblicato il 02 febbraio 2011 alle ore 12:32.
«Con il numero di utenti che ogni giorno si registrano su Renren si potrebbero riempire 230 Piazze di Tienanmen», è lo slogan scritto sulla lavagna di una "employee lounge" di una società cinese di cui la rivista americana Fast Company omette il nome. Bloccati dal grande Firewall, Facebook,Twitter e Google, non sono ospiti graditi del Partito comunista cinese.
Si può sempre però ricorrere a Renren e Kaixin001. Il primo, con 165 milioni di utenti, è nato come social network per studenti, ed è una spudorata imitazione di Facebook (i colori e il layout sono gli stessi) rivisitato e integrato con nuove applicazioni per offrire un servizio altamente professionale. Il secondo invece, si sposta sulle sfumature del rosso e del bianco. Rivolto inizialmente ad un pubblico di giovani professionisti, Kaixin001 conta 95 milioni di utenti. Protagonista della nuova rivoluzione online in terra cinese, è Wang Xing, laureato alla Tsinghua Univeristy, il Mit cinese.
La storia Dopo un periodo trascorso alla University of Delaware, Usa, Xing decide di tornare in patria, a Beijing, per creare una versione locale di Friendster. La cosa non va a buon fine. Due anni dopo, sentendo parlare di Facebook decide di copiarlo. Inizia con Xiaonei, un social network dedicato agli studenti del campus di Tsinghua. Xing ha ben chiara in testa la sua mission: "rendere il mondo un posto migliore". La sua convinzione è altrettanto ferma: «Tutto quello che aiuta la circolazione delle notizie è un bene per la società». Xing, sempre più determinato investe 45 mila dollari insieme con altri due soci. Prende in affitto tre appartamenti fuori dal campus e si barrica in casa per settimane a lavorare sul nuovo progetto, potenziandolo. Lancia ufficialmente Xiaonei (quello che poi sarebbe diventato Renren) in occasione del party universitario più importante dell'anno, durante il quale Xing, incaricato della vendita dei biglietti d'invito (richiestissimi) inserisce all'atto dell'acquisto una clausola: aprire un account su Xiaonei. Il successo è immediato. Nel 2006 Xing, vende il social network alla Oak Pacific Interactive per circa 4 milioni di dollari.
Instancabile, Wang decide di aprire Fanfou, la versione cinese di Twitter, che viene chiusa dal governo per ragioni politiche, sebbene successivamente verrà rilanciata. La sua più recente start-up è la versione cinese di Groupon chiamata Meitan che significa "meravigliosa compagnia". Dicevamo, la sua mission iniziale, era quella di favorire un flusso maggiore di notizie e informazioni. Compiuta? «Direi proprio di sì», dichiara al Sole24ore un giovane giornalista mandarino, con alle spalle un master a New York e ora stagista presso una media company in Cina. Sì, è proprio vero, i social network fanno sentire le persone più libere di esprimersi», riflette Kesen Zeng, cinese, 25 anni, laureato in marketing all'università Bocconi e attualmente impiegato in una multinazionale a Milano.
«L'altro giorno su Renren una ragazza scriveva che dopo un periodo trascorso in Svezia, è tornata e lavora in un'organizzazione non governativa che promuove i diritti dei gay in Cina. Scrive che stanno proponendo workshop e seminari al governo cinese per organizzare eventi che possano spiegare al pubblico il concetto di omosessualità». «Fra l'altro» aggiunge Zeng «scrive che l'Italia è l'unico Paese europeo in cui il governo non ha apertamente riconosciuto i diritti umani dei gay».
Su Renren pare ci sia più libertà di espressione che nella vita quotidiana. Ma c'è sempre un limite. Se Renren e Kaixin001 non dicono esplicitamente come si attengono alle direttive del governo, le principali società Internet in Cina sono costrette a censurare una serie di parole, come ad esempio quelle collegate al Dalai Lama, al massacro in piazza Tiananmen del 1989, e quelle legate ai dissidenti cinesi, vedi il premio Nobel per la pace Liu Xiaobo. Problema che i cittadini della rete risolvono utilizzando altre parole per comunicare gli stessi contenuti, aggirando di conseguenza la censura. Un utente di Kaixin001 ha messo sul suo profilo recentemente la foto istantanea di una lattina di latte in polvere, dopo che il governo cinese ha deciso di censurare lo scandalo del latte contaminato da melammina. Un fatto che aveva causato problemi di salute a centinaia di bambini cinesi. Oppure, quando arriva una brutta notizia, c'è chi nel profilo mette una foto di una tazza. In cinese infatti il termine assomiglia alla parola "tragedia".
Secondo Liu Neng, sociologo all'Università di Peking, «I social network sono per molti ragazzi cinesi un luogo di fuga dalla realtà, dove potersi liberare dalla pressione della vita quotidiana. Pressione che deriva dalle aspettative della loro famiglia, del partito e della nazione. Il concetto che conti di più sacrificarsi per il bene comune invece che ascoltare i bisogni individuali, risulta difficile da assimilare per le generazioni di giovani nati durante il periodo della politica nazionale del "un solo figlio per famiglia". «Essendo figli unici, siamo stati viziati, abbiamo avuto tutte le attenzioni dei genitori, nonni e parenti» racconta una ragazza cinese studentessa di design industriale a Milano,che preferisce rimanere nell'anonimato. "L'idea di fare quello che si vuole perche' rende felici, e' un concetto che che si sta sviluppando nei social networks" dichiara il professore Neng "essendo questi luoghi basati su valori umani e creativi e sul rispetto dei bisogni umani individuali".
Per Wu Guohong, professore di psicologia alla Shangai's Fudan University «Il comportamento dei cinesi in Internet ha superato ogni limite. Non vi è timidezza, riservatezza, ne atteggiamento servile verso l'autorità. Penso che l'estroversione delle generazioni dei balinghou (i ragazzi nati negli anni ‘80) e dei jiulinghou (la generazione degli anni '90) sui social network, è una sorta di compensazione alla mancanza di una libera espressione di se stessi nella vita quotidiana».
Ma molti cinesi non hanno un account soltanto su Renren. Coloro che si trovano all'estero grazie ai programmi di scambio delle università o per motivi di lavoro, passano automaticamente a Facebook e controllano l'account di Renren soltanto una volta alla settimana..
«L'ultima volta che sono tornata a casa a trovare la mia famiglia» racconta la studentessa di design industriale, di Milano, «ho chiesto a degli amici come dovevo fare per accedere a Facebook». «E' facilissimo, mi hanno risposto. "Basta scaricare un programma". "Molti miei amici utilizzano Facebook in Cina tranquillamente" sorride la studentessa. Ma c'e' anche un aspetto economico di notevole portata dietro il fenomeno dei social network made in China.
Secondo la Netpop Research di San Francisco, gli utenti cinesi che utilizzano Internet sono doppiamente loquaci rispetto a quelli americani. Intervengono nei forum online, chattano o scrivono blog il doppio delle volte, rispetto ai loro coetanei occidentali. Per la gioia delle societa' di marketing che vedono raddoppiato il loro potere di influenza sulle decisioni d'acquisto dell'utente. Un fenomeno non affatto sottovalutato da diverse societa' internazionali come BMW, Este Lauder e Lay's che stanno potenziando le loro strategie di marketing pubblicitario. Il ruolo da leoni e' svolto dai "social gaming". L'applicazione più gettonata su Renren è Happy Farmer. Tre quarti degli utenti hanno gia' partecipato al gioco. Il paragone con Farmville di Facebook, non regge, se si pensa che meno del 10% degli utenti di Facebook utilizza l'applicazione.
E sono proprio I giochi che hanno ispirato le società internazionali ad adottare nuove strategie per incrementare i profitti. Ad esempio, Lay's, il noto marchio di patatine, propone all'utente di coltivare o di creare una fabbrica di patate. Altri offrono la possibilita' di piantare semi, spremere frutta, bombardandoti di immagini e brand che automaticamente troverai negli scaffali dei supermercati. Per un'azienda investire in pubblicità in Cina è conveniente. I costi sono inferiori. Bloccando Facebook, il governo cinese ha involontariamente innescato un meccanismo di forte competizione tra i due principali social network del Paese, con un conseguente effetto di saturazione del mercato.
Nel 2010 Facebook ha conseguito utili per oltre 1 miliardo. Kaixin001 ha registrato utili per circa 40 milioni di dollari che si prevede raddoppieranno nel 2011. Renren, che spera quest'anno di diventare pubblica, non ha pubblicato l'ammontare di utili complessivi, anche se si stimano intorno ai 50 milioni di dollari. Sono numeri che aumenteranno, considerando che entrambi i network sostengono di aggiungere ogni giorno centinaiai di migliaia di utenti e che la diffusione di Internet sul territorio cinese e' ferma al 30% (rispetto al 75% degli Usa) su una popolazione di 1,3 miliardi di abitanti. Poco meno di un terzo dei cittadini hanno attualmente a disposizione Internet. La sfida per I social network cinesi sara' quella di avere oline il maggior numero di persone possibili. E quindi, di superare la barriera poverta'. Ancora troppe persone non possono infatti permettersi un computer ne' di girare per gli Internet Café'.
«E' evidente che l'intenzione del governo cinese è quella di adottare del protezionismo e di censurare le notizie non gradite» dichiara Lin Feng, 23 anni, in Italia dall'età di 8 anni, studente di management all'Università Bocconi. «La gente comune però non arriverà mai a ribellarsi o ad organizzare proteste. Stiamo assistendo ad un importante sviluppo economico, la classe media è attaccata al benessere e su questo punto è soddisfatta dell'azione del governo. Non ha motivi di scontentezza» conclude Feng.
«La maggior parte dei cinesi non sono interessati alla politica, quindi non leggono più di quanto e' necessario, sono poco preparati sull'argomento» dichiara Kesen Zeng. «Cosa penso della questione tibetana e del caso del Premio Nobel Liu Xiaobo? "Sinceramente non lo so". In Tibet ci sono stato e non mi è sembrato di vedere in atto repressioni nei confronti dei monaci». «Non penso siano questi i problemi a cui i cinesi sono particolarmente sensibili».
«Non utilizzo Renren ma Facebook in quanto vivo in Europa e ho vissuto in America. In Cina si usa molto anche QQ che e' molto simile a messenger» racconta Michelle, 24 anni, cinese, da alcuni mesi a Milano per alcuni colloqui di lavoro.
«La Cina è come un bambino, ha bisogno di tempo per crescere. E forse un po' di censura è' necessaria per non farle subire uno shock culturale. Aprire le porte a Facebook vorrebbe dire far arrivare un'infinita varieta' di opinioni che potrebbero generare molta confusione». E sulle questioni scottanti riguardanti la Cina, che si leggono sui giornali di tutto il mondo? Le chiediamo.«E' un dicorso molto delicato e complesso» risponde Michelle.
Per Bijie Yang, 20anni, studente di urbanistica al Politecnico di Milano, da alcuni anni in Italia, i social network sono un'importante risorsa culturale. Hanno bisogno però di essere regolamentati di più e monitorati. Solo la legge è' il fondamento della libertà» dichiara Yang. Un decennio fa l'ex presidente americano Bill Clinton disse che gli sforzi dei leader cinesi di controllare Internet, sarebbero stati come«inchiodare gelatina al muro».
Richard McGregor, ex bureau chief del Financial Times, a Beijing, risponde «Nope». Per McGregor, infatti sono da considerare anche altri fattori. Il dipartimento di Propaganda Cinese prevede un sistema di pagamenti in contanti per gli utenti web che pubblicano commenti a favore del governo. Inoltre, i principali portali Internet del Paese sanno che i loro modelli di profitto dipendono strettamente dalla censura dei contenuti non graditi dal Partito. L'alternativa inevitabile per loro infatti sarebbe quella di vedersi abbassare definitivamente le saracinesche. It's all about money.