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Questo articolo è stato pubblicato il 13 luglio 2014 alle ore 08:12.

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a L'innovazione è fondamentale. La vogliono le persone, le aziende, i politici. Ma cos'è davvero l'innovazione? Le innovazioni radicali cambiano il mondo. Basta pensare alle grandi invenzioni, da Marconi a Edison. Ma queste innovazioni radicali sono incredibilmente rare. Quante ne può sperimentare ciascuno di noi nella sua vita? Non molte, forse venti o cinquanta, senz'altro non migliaia. L'innovazione di rottura nasce dalla visione: la capacità di guardare il mondo e vedere ciò che gli altri non sono in grado di vedere. Non c'è una singola professione che promuova l'innovazione, la quale può invece venire da chiunque, da qualsiasi luogo.
La costruzione della visione è l'asset più importante e raro del nostro tempo. Noi non viviamo in un mondo in cui i dati e la conoscenza sono carenti. Anzi, è l'esatto opposto. La quantità di informazione è travolgente. Quello che invece è scarso è la capacità di dare un senso a questo quadro informativo ricco e complesso, di andare oltre gli schemi del passato e dell'oggi per immaginare quello che non c'è ancora.
Ma avere una visione non è ancora sufficiente. Le idee visionarie sono piuttosto frequenti: l'effettiva realizzazione di queste visioni è decisamente rara.
L'innovazione richiede che le visioni siano realizzate, un passaggio che richiede coraggio, forza d'animo e convinzione fuori dal comune. Le grandi innovazioni spesso devono affrontare grandi ostacoli. Anche le innovazioni più riuscite spesso hanno avuto bisogno di tempo per affermarsi, hanno dovuto affrontare enormi resistenze e ironie e spesso ci sono voluti decenni prima che fossero accettate.
Sappiamo ancora poco di come le visioni si formano. Le imprese dicono di volere l'innovazione, ma quando vengono messe di fronte a idee innovative, spesso esitano dal momento che l'innovazione, per sua natura, non può essere dimostrata a priori. "Che succede se fallisce?", si chiedono. I grandi visionari, i grandi innovatori spesso falliscono. Per loro, però, il fallimento si trasforma in un'esperienza da cui imparare. I grandi cambiamenti non arrivano senza prima grandi fallimenti. La paura di fallire ha frenato le spinte visionarie di molti. Persino i designer, che avevano una buona padronanza del processo, hanno recentemente abbandonato le loro specifiche abilità visionarie per adottare approcci più sicuri e strutturati, più in linea con il modo di pensare dei manager.
Un marketing manager di Apple anni fa ha descritto la ricerca di mercato nell'impresa di Cupertino come fatta di "Steve Jobs che si guarda nello specchio tutte le mattine e si chiede cosa vuole". Questa frase non voleva essere un complimento. Di fatto nel mondo del business aleggia un mito: che l'innovazione possa essere guidata da sofisticati metodi analitici e processi strutturati. I comportamenti basati sull'intuizione, sul potere di visione delle persone, vengono stigmatizzati. Questo mito deriva dalla tradizionale cultura d'impresa che punta verso il problem solving più che alla costruzione di una visione. Un approccio di questo genere può risolvere i problemi immediati ma non prepara certo per il futuro.
La nuova frontiera per comprendere le strade che portano all'innovazione è quindi studiare i meccanismi di costruzione della visione. A questo scopo abbiamo bisogno di nuovi schemi interpretativi, di nuove prospettive. Dobbiamo esplorare le dinamiche intangibili del pensiero, investigare quali siano quelle affascinanti capacità che rendono le persone in grado di riconoscere ciò che è nascosto nello specchio che riflette il nostro ruolo nella società. Abbiamo bisogno di comprendere i sogni delle persone, cambiare il mondo da quello ordinario a uno che non c'è ancora. Questo è essenziale se vogliamo vivere in un mondo sostenibile. Una società sostenibile può scaturire solo da visioni che sappiano guardare oltre l'oggi, oltre i problemi immediati.
Don Norman, ex vice president di Apple, dirige il programma di Design alla University of California. Roberto Verganti è professore di Leadership and Innovation al Politecnico di Milano
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