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Questo articolo è stato pubblicato il 15 luglio 2014 alle ore 12:02.
L'ultima modifica è del 15 luglio 2014 alle ore 13:16.

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Il 2013 si è chiuso con una crescita dei nuovi investimenti in seed (investimento nella primissima fase di sperimentazione dell'idea di impresa) e startup (investimento per l'avvio dell'attività imprenditoriale), con 66 operazioni: +16% rispetto al 2012 (57 operazioni) e +53% rispetto al 2011 (43 operazioni). E' quanto emerge dalla ricerca Venture Capital Monitor – VeMTM sulle operazioni di venture capital in Italia nel 2013 realizzato dall'Osservatorio Venture Capital Monitor – VeMTM (Università Cattaneo di Castellanza e Associazione Italiana del Private Equity e Venture Capital). «Questi numeri - si legge nella nota - sono anche il frutto di due azioni importanti da parte del Governo: il decreto startup, entrato in vigore nel dicembre 2012 e il fondo high tech per Mezzogiorno».

"Quando si parla di venture capital, è utile riflettere sul fatto che si tratta di un capitale che
consente la traduzione in impresa di nuove idee o il sostegno alla prima fase di attività di una realtà ancora embrionale" afferma Anna Gervasoni, direttore generale Aifi: «Si tratta, dunque, di un capitale che permette di intraprendere i primi percorsi di sviluppo e che genera processi innovativi in grado di irrorare tutto il sistema imprenditoriale. In altre parole, il venture capital è un fattore di crescita e, pur nelle difficoltà del mercato italiano, ha favorito negli anni lo sviluppo e l'evoluzione del nostro sistema produttivo».
Il numero degli investitori attivi (coloro che hanno fatto almeno un'operazione durante l'anno) si attesta a 31, (32 con l'aggiunta della categoria dei business angel) in linea con il 2012.


Come si investe
Il 56% degli investimenti è stato destinato alle operazioni di startup (37 deal); il taglio medio dell'investimento è pari a quello del 2012, ovvero 800mila euro. L'orientamento degli investitori è verso l'acquisizione di quote di minoranza, in media del 25% (era il 30% nel 2012). Inoltre quasi la metà degli investimenti (45%) è stato effettuato in startup innovative. Il dato - sottolineano - «testimonia il riscontro positivo da parte degli operatori di venture capital nei confronti della nuova tipologia di società, soprattutto se si considera che gli incentivi fiscali per gli investimenti in startup innovative non erano ancora in vigore nel corso del 2013».

Dove si investe

Per ciò che concerne il settore, l'Ict monopolizza l'interesse degli investitori di venture
capital con il 50% degli investimenti, in linea con il 2012 (era il 52%); cresce il settore dei
prodotti industriali (9% rispetto al 5% del 2012) e il settore alimentare (5% rispetto al 2% del 2012). Entra in campo un nuovo settore, quello delle prestazioni di servizi di vendita di
prodotti per il tempo libero (2%).

Le startup nane.

Resta in ogni caso il timore di dover fronteggiare un mercato articolato in moltissime piccole startup che però non trovano quel secondo round di investimento per crescere di dimensione. Un rischio di startup nane che trova riscontro sempre nei dati del rapporto Vem. Il rapporto 2013 ha confermato le paura che circolavano tra gli addetti ai lavori. L'anno scorso solo 81 milioni di euro sono investimenti early stage. In parole povere, i finanziamenti per startup sono tornati ai livelli del 2011. Complessivamente venture capital e business angel italiani nel 2012 hanno investito 130 milioni di euro (si legga l'infografica). Pochissimi rispetto ai 3 miliardi dollari dell'Europa e ai 30 miliardi degli Stati Uniti. Ma moltissimo se si pensa che fino a pochi anni fa non esisteva un mercato del venture capital nostrano

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