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Questo articolo è stato pubblicato il 28 settembre 2014 alle ore 08:13.
L'ultima modifica è del 29 settembre 2014 alle ore 13:38.

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a«In-betweenness». Stare nel mezzo, essere fra due o più cose, spazio-temporalmente. Ma anche mediare e farsi media. Tra i neologismi coniati da Luciano Floridi nel suo ultimo libro, «The fourth revolution - How the infosphere is reshaping human reality» (Oxford University Press, 2014), spicca quest'avverbio che diventa sostantivo, a segnare una dimensione ontologica: «Essere è essere interattivi, anche se ciò con cui interagiamo è solo transitorio e virtuale». È l'interazione a sostituire l'immutabilità medioevale e la percepibilità moderna come criterio del reale. Dopo aver accettato di non essere immobili al centro dell'universo (rivoluzione copernicana), di non essere naturalmente diversi dagli animali (rivoluzione darwiniana), di non avere una mente disincarnata e completamente sotto il nostro controllo (rivoluzione freudiana), per Floridi, professore di filosofia ed etica dell'informazione all'Università di Oxford, «stiamo accettando l'idea di non essere i soli e unici Robinson Crusoe su un'isola bensì Inforgs, organismi informazionali reciprocamente connessi in un ambiente (infosfera) che condividiamo con altri organismi sia naturali sia artificiali, che processano informazioni logicamente e autonomamente». Ma inforgs non fa rima con cyborgs: questa quarta rivoluzione, lungi dal supporre un'umanità geneticamente modificata, è contemporaneamente causa ed effetto del cambiamento della «nostra concezione di cosa significhi essere umani».
Proprio perché interazione è scambio: se la nostra è la prima epoca storica (l'iperstoria) in cui il benessere e il progresso dipendono dal trattamento efficiente ed efficace delle Ict, oggi, scrive Floridi, Giano, signore degli inizi, dei passaggi, delle soglie e dei confini, «presiede tutte le tecnologie digitali, che sono per definizione bifronte». Una faccia rivolta all'utente e una faccia che connette la tecnologia con il prompter attraverso protocolli. E le Ict (come modem o router) negoziano automaticamente i protocolli rendendo sempre più invisibili anche le interfacce, affidate agli specialisti, «i nuovi sacerdoti nel tempio di Giano».
Non a caso Floridi mette in guardia dal pericolo di uno sguardo «vicino alle antiche culture che interpretavano la natura come abitata da forze teleologiche» e incontrollabili nonché sulla diffusione di «credenze irrazionali sul potere senza limiti delle Ict». Da qui, le precisazioni su due miti della contemporaneità: big data e web semantico. Nel primo caso, spostare l'accento sulla differenza tra abbondanza e overdose, pone un problema «di cervelli più che di potenza di calcolo»: se i dati non parlano mai da soli, diventano cruciali gli small patterns, le piccole e decisive configurazioni e correlazioni stabili da trovare nell'immenso database a nostra disposizione, al di là degli analytics.
Nel secondo caso, più che di web semantico, la proposta è di parlare di web meta-sintattico. In modo più lapidario: «Il web semantico ha fallito perché i pc non capiscono e interpretano il significato dei dati che stanno processando». Un significato inevitabilmente contestuale, che richiama ancora una volta l'«in-betweenness» come dimensione esistenziale basata sull'interazione. Una dimensione che non può non riguardare l'inestricabile intreccio tra online e offline (onlife experience), in cui il sé si configura come un sistema complesso informazionale che mostra le sue molteplici facce in contesti sociali multipli attraverso un loop ricorsivo.
Contesti sociali multipli per differenti tipi di privacy: la proposta di Floridi, unico italiano nel comitato per il diritto all'oblio istituito da Google, è considerare ogni persona come costituita dalle proprie informazioni. Il diritto alla privacy diventa così il «diritto all'immunità personale rispetto a cambiamenti sconosciuti, indesiderati o involontari dell'identità di ognuno intesa come entità informazionale» sia in maniera attiva (raccogliendo, riproducendo, manipolando informazioni) che passiva (attraverso la costrizione dell'acquisire dati senza consenso) nonché il «diritto di sperimentare con la propria vita, di ricominciare, il diritto a un'identità rinnovabile». Se abitare la contemporaneità pone dei problemi più profondi delle etichette alla moda e se il compito della filosofia è «mostrare alla mosca la via d'uscita dalla bottiglia» (Wittgenstein), per arrivare all'«ambientalismo sintetico» come etica del nostro tempo e uscire dalla bottiglia occorre capirne la forma. O magari contribuire a costruirla, in un gioco di in-formazioni e interazioni. «In-betweenness».
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