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Questo articolo è stato pubblicato il 28 settembre 2014 alle ore 08:13.
a Mentre l'industria anti età – cioè tutte le pratiche che mirano a nascondere i segni del tempo, dai cosmetici alla chirurgia estetica – continua a vivere e prosperare, nella Silicon Valley si intravede la nascita di un nuovo paradigma, per il quale il processo d'invecchiamento dovrebbe essere trattato quasi come una patologia, da curare con terapie tutte ancora da inventare. E a guidare la carica è, dal settembre del 2013, la Calico (California Life Company), compagnia biotech sita a San Francisco e voluta da Google, con l'obiettivo di studiare la biologia dell'invecchiamento, al fine di rimandare la vecchiaia il più possibile. Questa almeno la sua mission, anche se gli obiettivi sottostanti sembrano ancora più ambiziosi; tanto che, nella copertina dedicata, «Time» ha titolato in modo eloquente «Google vs. Death».
Calico nasce da un'idea di Bill Maris, manager di Google Venture, che si è chiesto il perché molte compagnie cerchino di curare questa o quella patologia, senza preoccuparsi di intervenire sulla causa sottostante a molte di esse, cioè il processo d'invecchiamento. Infine è sceso in campo il Ceo di Google Larry Page, che molto ottimisticamente ha parlato della possibilità di aumentare forse anche di 100 anni l'aspettativa di vita dei ventenni di oggi. Ceo della Calico è Arthur Levinson, presidente della Apple ed ex presidente di Genentech. La compagnia ha inoltre assunto Cynthia Kenyon, ricercatrice dell'Università della California. Nell'ambito della biogerontologia, la Kenyon è una figura leggendaria: nel 1993 è diventata famosa per essere riuscita, modificando un singolo gene, a raddoppiare l'aspettativa di vita del Caenorhabditis elegans, un verme nematode. A differenza delle altre startup biotech, che abbisognano di ritorni economici immediati, la Calico è provvista di una maggiore flessibilità, e potrà lavorare sul lungo periodo. E questo mese la compagnia ha annunciato una partnership con il colosso biofarmaceutico Usa AbbVie, assieme al quale lancerà un centro di R&D, con lo scopo di scoprire terapie per il trattamento delle patologie legate all'età.
Sette mesi dopo la Calico, è sceso in campo Craig Venter. A marzo il celebre genetista ha lanciato la Human Longevity Inc., startup che punta a lavorare su salute ed estensione dell'aspettativa di vita, con un budget iniziale di 70 milioni di dollari. La Human Longevity mapperà 40mila genomi appartenenti a persone sane e malate, vecchie e giovani, al fine di costruire il più ampio database del mondo sulla variabilità genetica umana. Si raccoglieranno inoltre dati sui genomi degli organismi che vivono in simbiosi con noi, come batteri e funghi. Vola basso, Venter, e sostiene che il suo lavoro non mira per forza al prolungamento della vita. Tra i cofondatori c'è però anche Peter Diamandis, il presidente della X-Prize Foundation – quella del volo spaziale privato –, che dice senza mezzi termini di mirare a «fare dei cento anni i nuovi sessanta». La compagnia venderà il suo database, ma svilupperà anche terapie a base di staminali per trattare l'invecchiamento.
Citiamo poi il Palo Alto Longevity Prize, che offre un milione di dollari a chi contribuirà alla decodifica del processo d'invecchiamento. Sostenuto da diversi soggetti privati, il Palo Alto Longevity Prize è stato lanciato dall'imprenditore Joon Yun. L'iniziativa comprende due premi. Il primo è dedicato a chi riuscirà in un mammifero a riportare a livelli giovanili il tasso di variabilità del ritmo cardiaco, sintomo della capacità dell'organismo di mantenere l'equilibrio omeostatico, e quindi la stabilità termica e chimica. Il secondo premio andrà a chi riuscirà ad aumentare l'aspettativa di vita di un mammifero del 50 per cento. Non è un caso che tutte queste iniziative nascano proprio attorno alla Silicon Valley, ricettacolo per visionari desiderosi di scommettere su imprese che altrove verrebbero bollate come "troppo audaci" o "folli". Per fare un esempio di questa strana commistione tra business e tecnoutopia citiamo il caso emblematico di Peter Thiel, investitore molto ascoltato in Silicon Valley, uno dei fondatori di Paypal, nonché il primo investitore esterno di Facebook. Ed è anche un sostenitore dell'idea che l'umana mortalità debba essere in qualche modo "curata". Thiel ha donato più di sei milioni di dollari ad Aubrey de Grey, il controverso biogerontologo britannico che mira a cancellare il processo di invecchiamento tramite un set di terapie miranti a trattarne tutti gli aspetti. E Thiel non è l'unico; citiamo ad esempio Larry Ellison, presidente e cofondatore della Oracle, la cui Ellison Foundation investe 50 milioni di dollari all'anno nella ricerca contro l'invecchiamento.
In sostanza, l'ambizione di questi longevisti è sì quella di superare il limite massimo raggiungibile dai normali esseri umani – il primato va alla francese Jeanne Calment, morta nel 1997 a oltre 122 anni –, ma è anche quella di rimandare il più possibile la fragilità della vecchiaia – finendo tra l'altro per ridurre i costi per il sistema pensionistico e per quello sanitario –. Il che capiterebbe pure al momento giusto, visto che una recente analisi dell'Onu uscita su «Science» paventa non solo la possibilità che la popolazione mondiale raggiunga gli 11 miliardi entro il 2100, ma anche che Europa, Giappone, Cina, India e Brasile siano in procinto di affrontare un rapido ed economicamente problematico invecchiamento della popolazione. Mai come ora è il caso di dire: chi vivrà, vedrà.
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