Storia dell'articolo
Chiudi

Questo articolo è stato pubblicato il 05 ottobre 2014 alle ore 08:13.

My24

a L'Italia è un Paese ricco di talenti. Le nostre università, pur non essendo in cima alle classifiche mondiali, formano giovani capaci di farsi valere all'estero presso gli istituti più prestigiosi. Ma i tanti centri di eccellenza, le realtà che producono ricerca di qualità e innovazione faticano a emergere e farsi conoscere. Tuttavia oggi, nel contesto dell'economia della conoscenza e del sapere condiviso, si aprono nuove strade percorribili dal nostro sistema educativo per tornare a essere un centro di attrazione di risorse e di persone di valore. A partire dallo sviluppo di un'offerta di formazione di qualità online con cui il sistema Italia possa proporre le proprie eccellenze alla platea internazionale. Ma per ottenere questo risultato è necessario che tutti gli attori interessati – dalla politica al sistema universitario e alle aziende – facciano la loro parte.
È questa la sollecitazione che emerge dal rapporto «E-Learning: la rivoluzione in corso e l'impatto sul sistema della formazione in Italia» realizzato per Aspen Insitute Italia da «I talenti italiani all'estero», un gruppo di giovani ricercatori e docenti universitari affermati all'estero.
Questo documento dedicato all'analisi dei processi di insegnamento e apprendimento a distanza basati sulle tecnologie digitali nel nostro Paese si inserisce a pieno titolo nel dibattito sul futuro della nostra istruzione portando un contributo e un punto di vista importante poiché proviene da un contesto, quello delle grandi multinazionali tecnologiche e delle università internazionali, dove l'e-learning ormai da tempo è parte integrante dell'offerta formativa rivolta non solo a studenti e dipendenti ma anche alla platea globale di giovani e meno giovani che utilizzano le nuove tecnologie della comunicazione per aggiornarsi, studiare, seguire i propri interessi e i propri sogni.
In particolare, in ambito universitario, l'offerta di corsi online di qualità da un lato integra stabilmente l'offerta formativa, facilitando il percorso di studi agli studenti che hanno difficoltà a frequentare le aule, mentre dall'altro l'offerta massiccia e spesso gratuita di contenuti educativi online diventa una opportunità per ribadire (o per migliorare) la visibilità e l'appeal di un istituto o di un polo universitario.
Le grandi piattaforme per la fruizione online di contenuti formativi – i Mooc, Massive Open Online Courses – stanno avendo un importante successo di pubblico, misurabile in milioni di studenti e in migliaia di corsi offerti. Un modello vincente perché risponde alle esigenze di una società dove non esiste più una netta separazione fra progetti formativi individuali e vita lavorativa. Un modello che si sta cercando di introdurre anche in Italia.
Da noi la formazione online è stata per anni appannaggio quasi esclusivo delle università telematiche e considerata come "formazione di serie B" dalla cultura accademica. Ma negli ultimi anni sono sempre più numerose le università che offrono una seria proposta di corsi a distanza e utilizzano l'e-learning anche per integrare la formazione in presenza. Ma sono proposte generalmente limitate ai soli iscritti. È di questi giorni invece la firma di un accordo fra la Luiss di Roma e Iversity, startup per la formazione a distanza di Berlino, che fornirà il supporto tecnologico per l'offerta di corsi. Iversity, peraltro, è già partner dell'Università di Firenze. Il 3 ottobre ha preso avvio il secondo Mooc in Managing Fashion and Luxury Companies della Bocconi, in collaborazione con Sda, veicolato attraverso la piattaforma di Coursera: ai nastri di partenza oltre 20mila studenti da 157 Paesi.
Proprio la proposta di corsi online di qualità nei settori della moda, del design e delle eccellenze del made in Italy viene indicata dal report come la chiave di volta che permetterebbe al sistema Italia di tornare a essere attraente per studenti e professionisti stranieri. Ma per riuscire in questo intento è fondamentale che la politica sia capace di attivare azioni di sostegno in un quadro normativo coerente; che le università innovino nelle metodologie didattiche e siano capaci di individuare le aree realmente strategiche su cui effettuare gli investimenti e che siano in grado di integrare la loro proposta formativa con le esigenze e le conoscenze provenienti dalle aziende. Queste ultime, a loro volta, devono avere la capacità di essere protagoniste e proporre contenuti e corsi in grado di promuovere la loro immagine, ma anche di attirare valide risorse umane provenienti da tutto il mondo.
Queste le ricette che il rapporto offre agli "attori" sociali coinvolti nel sistema educativo italiano. Con un'avvertenza. Parlare di e-learning oggi significa occuparsi di un «processo che interessa l'istruzione scolastica (dalla scuola materna all'università), la formazione specialistica (inclusa quella aziendale) e il cosiddetto life-long learning (la formazione come processo che accompagna l'intera vita lavorativa)». Significa quindi occuparsi del modo in cui nella nostra società si trasmette la conoscenza. Ha quindi ancora senso continuare a distinguere fra apprendimento ed e-learning?
© RIPRODUZIONE RISERVATA

Commenta la notizia

Shopping24

Dai nostri archivi