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Questo articolo è stato pubblicato il 19 ottobre 2014 alle ore 08:12.

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a Almeno una volta nella vita ci siamo cascati tutti: digitare il nome di una malattia o dei suoi sintomi alla ricerca di informazioni. E c'è chi lo fa talmente spesso da diventare una patologia, la cybercondria, la ricerca continua di risposte mediche sui motori di ricerca. Eppure non si può prescindere dal web, che sta riplasmando il rapporto tra gli attori principali della salute: paziente, medico, società farmaceutiche e decisori pubblici. Perché la rete è un mondo di relazioni "alla pari" mentre la salute ha vissuto tradizionalmente di asimmetrie informative e ruoli fissi. Ora il paziente, con la sua sola presenza consapevole, propone un modello sharing, di condivisione delle informazioni e delle esperienze che ancora ha risposte inadeguate. Si stima che oltre 100mila siti web di informazione medico-sanitarie vengano consultati quotidianamente (secondo un'indagine Hon del 2012). E il paziente si confronta in tempo reale con altri attraverso i social media. Non solo. Se voglio acquistare un frigorifero la mia ricerca si limita probabilmente al momento precedente l'acquisto. Se ho una malattia la mia presenza online sarà continua, prima della visita secondo il 44% degli intervistati da DoxaPharma, durante la terapia, secondo il 30%, e subito dopo la prima visita per il 41 per cento.
È altrettanto vero che, a differenza di altre ricerche, è molto difficile trovare fonti aggiornate, accessibili a tutti, gratuite e tradotte in modo divulgativo. Per esempio come fare a distinguere una fonte scientifica da una non scientifica? È molto difficile. Un primo strumento è una sorta di certificazione dei siti che si chiama HealthOntheNet. La fondazione che lo sostiene ha enunciato 17 anni fa i principi guida. Fondamentale l'esplicitazione del titolo dell'autore dell'informazione (medico o non) e la trasparenza sulle fonti di finanziamento, i servizi o il materiale del sito. Il motore di ricerca offre un'utile selezione dei siti certificati. Il problema è che questi sono davvero pochi rispetto ai siti sul web. Insomma, il problema della credibilità delle fonti è fondamentale e in gran parte irrisolto.
Ma la carenza maggiore è la "mediazione culturale". Ci sono siti per addetti ai lavori della comunità scientifica, oppure siti che offrono informazioni generiche e parziali. Difficile trovare fonti che rispondano in maniera semplice ai bisogni e alle domande dei pazienti. Quando avviene una diagnosi, per esempio, gli interrogativi sono di base: di che cosa si tratta? Come si cura? Quali sono i farmaci? Quali gli effetti collaterali sul medio e lungo periodo? Qual è lo stato di avanzamento della ricerca? Sul web si trova poco di esaustivo, seppure con uno stile divulgativo. Un buon esempio è il servizio Nhs Choice, offerto dal sistema sanitario inglese. In generale però le istituzioni nazionali e internazionali hanno siti burocratici, poco fruibili, i siti dei progetti di ricerca spesso sono poco aggiornati. Altra risorsa potrebbero essere le associazioni dei pazienti e dei loro familiari. Nel mondo anglosassone lavorano molto sull'empowerment, in Italia il panorama è molto variegato. Spesso si concentrano più sulle iniziative interne che sulla divulgazione delle informazioni. Più utili i forum dove lo scambio diretto tra persone è sempre una risorsa per condividere esperienze.
Manca spesso un'intermediazione anche sulla valutazione dei farmaci e delle terapie. Online è difficile per l'utente non medico avere accesso a paper o a studi clinici (si segnala Cochrane library, presente in versione italiana al sito www.cochrane.it). E trovare fonti indipendenti. Tanto che l'Istud in un project work afferma: «La promozione farmaceutica è in grado di esercitare un forte impatto clinico sulla salute pubblica, le attività promozionali destinate ai farmaci non dovrebbero essere guidate da soggetti mossi esclusivamente da interessi finanziari e dal momento che i messaggi di natura clinica diventano sempre più accessibili in rete, i medici dovranno valutare l'impatto di questi mezzi di comunicazione, soprattutto per la promozione del prodotto».
L'acquisizione di informazioni online non mette in discussione la professionalità e lo standing del medico. Quello che manca spesso è una relazione dialogante. I medici sono i primi a credere nel web (il 70% dichiara «i miei comportamenti prescrittivi sono veramente cambiati da quando navigo in rete per raccogliere informazioni»), ma il dialogo con il paziente, basato sulle informazioni trovate online, resta difficile (avviene in media nel 15% dei casi) e probabilmente restano zone grigie di non risposta. «Il medico sta vivendo una condizione di fragilità - spiega Maria Giulia Marini, direttore dell'area Sanità e Salute di Istud - dinnanzi a pazienti sempre più informati e in un contesto storico che vede calare le risorse per la sanità, ridursi i tempi di visita a fronte della crescita di patologie croniche».
Eppure in pochi altri contesti, come la salute, la relazione è fondamentale, anche a fini terapeutici.E il vissuto resta il grande tabù confinato per lo più ai social network o alle onhealth community, che per quanto evolute e importanti restano un mondo chiuso. Su questo terreno i grandi assenti sono i decisori pubblici e gran parte della comunità medico-farmaceutica. Chi troverà sul web la chiave per ascoltare e condividere sia le informazioni e sia l'esperienza di malattia e cura aprirà la porta principale a un dialogo efficace col paziente.Le principali online Health Community internazionali - Revolution Health http://www.revolutionhealth.com

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