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Questo articolo è stato pubblicato il 26 ottobre 2014 alle ore 08:12.

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a Una delle continue promesse dell'open data è legata al mondo imprenditoriale. Studi prodotti da diversi attori, fra cui vale la pena citare aziende di consulenza come Deloitte e McKinsey, hanno stimato una ricchezza potenziale di 3 miliardi di dollari (o più) in vari settori. Su questo la Commissione europea sta investendo con tutti gli strumenti in proprio possesso. Il motto «trasformiamo l'informazione del settore pubblico in oro» ha dato vita ad alcune riforme (ad esempio. la direttiva Psi) e alla destinazione di fondi per incentivare il riuso e il rilascio di open data.
Al momento però queste previsioni non sembrano realizzarsi, in quanto il percorso è ancora molto lungo.
Open data vuol dire semplicemente rendere disponibili i dati a chiunque per qualunque scopo. Si tratta quindi di abilitarne il riuso dandone il permesso e usando tecnologie abilitanti. Un concetto tanto semplice quanto complesso perché si tratta di un cambiamento culturale.
Nello scenario dell'open data il ruolo della pubblica amministrazione è fondamentale: ha il mandato di raccogliere i dati per fare il bene comune, e dato che i dati sono un bene comune digitale, il fatto di renderli disponibili a chiunque per qualunque scopo viene visto come un dovere.
Dietro questo però c'è un lavoro non indifferente fatto di riorganizzazione dei processi, introduzione di nuove tecnologie e necessità di incrementare competenze digitali.
Nello scenario specifico poi della Pa il tema dell'open data è maggiormente indirizzato verso il concetto di trasparenza restringendo quindi gli scenari imprenditoriali.
In realtà l'open data è una opportunità per tutti e le stesse aziende aprendo i dati possono trarne vantaggio. Aprire dati permette diversi scenari quali: avere una ottima vetrina per mostrare cosa si è in grado di offrire, creare nuove sinergie con terzi che riescono a farne un uso diverso, aumentare la fiducia dei propri clienti permettendo di tracciare la propria produzione, coinvolgere comunità, individuare nuovi talenti da coinvolgere nelle proprie attività eccetera.
Esistono poi comunità che, per risolvere alcune necessità, creano dei beni comuni digitali come il caso di OpenStreetMap il cui fine è quello di avere una banca dati geografica dell'intero pianeta.
Questo progetto che coinvolge oltre 2 milioni di persone nel mondo si dimostra ormai come un ottimo esempio di progetto open data da dove nascono tantissimi prodotti di interesse per tantissimi settori.
E qui un altro mito da sfatare: l'open data non è strumento esclusivo del mondo Ict o, peggio, destinato solo al mercato delle applicazioni per smartphone.
I dati sono alla base della gerarchia della conoscenza, e spesso sono utilizzati per prendere decisioni. Si tratta di una lunga filiera che attraversa vari macropassaggi quali: l'acquisizione, la pulizia e trasformazione, l'analisi e la presentazione. Ciascuno di questi passaggi può dare vita a nuovi scenari di mercato. L'accesso ai dati permette a molti liberi professionisti di elaborare strategie, produrre report, pianificare eccetera. L'informatica è lo strumento attraverso cui si elabora tutto questo per il semplice fatto che sono archiviati in formato digitale. Allo stato attuale il concetto di open data è pertanto ridotto a dati della pubblica amministrazione il più delle volte utilizzati per tracciare la trasparenza di governo e distribuiti con formati obsoleti, ma, in realtà, il potenziale che può sprigionare è molto alto e necessita di uno sforzo più ampio. Il salto di qualità avviene quando i dati sono resi disponibili in maniera automatizzata, aggiornati tempestivamente e distribuiti non solo come file ma anche attraverso servizi. Gli open data, anche quelli attualmente disponibili, rivestono comunque un ruolo fondamentale per creare una infrastruttura di base su cui elaborare nuovi scenari. Un esempio molto esaustivo viene dai dati territoriali. Questi, per loro natura, sono di interesse trasversale a moltissimi settori e richiedono anche un aggiornamento costante per cui, più si è vicini al luogo che i dati descrivono, e maggiore sarà la loro qualità. Questo è un compito affidato alla pubblica amministrazione che, però, il dato lo gestisce all'interno del compito che deve svolgere. Le aziende possono inserirsi nella filiera andando a rielaborare il dato, rendendolo più facile nel riuso, rappresentandolo in maniera diversa e costruendo sopra nuovi scenari. Un altro ruolo però, ancora più importante, degli open data è quello di essere strumenti necessari per migliorare le competenze digitali. Le elaborazioni dei dati, l'integrazione fra di loro e tutte le "magie" dell'intelligenza artificiale che vanno sotto i nomi di machine learning, data mining, pattern matching, linked data... necessitano di dati per essere apprese. Per fare un semplice esempio il corso "big data" del Coursera, il famoso servizio di formazione online gratuito, si basa sull'elenco dei passeggerei del Titanic. Di certo un file non così "big" come si pensa, ma da cui è possibile apprendere il necessario per migliorare le proprie competenze digitali e diventare dei data scientist.
L'open data ha il solo scopo di convidere la conoscenza, pertanto di stimolare il riuso e quindi di permettere a chiunque di migliorare le proprie competenze e, pertanto, conquistare nuovi mercati.
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