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Questo articolo è stato pubblicato il 07 novembre 2014 alle ore 09:31.
L'ultima modifica è del 07 novembre 2014 alle ore 16:23.

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BERKELEY - Per il secondo anno consecutivo l'Italia si aggiudica un premio nell'Intel Global Challenge, la competizione che dal 2005 l'azienda di Santa Clara dedica alle start-up che vengono selezionate da tutto il mondo e, dopo una scrematura continentale, arrivano alla finalissima che si tiene tra l'università di Berkeley e San Francisco. La modenese Neuron Guard ha vinto il primo premio nella categoria Internet of things and hardware, ma tra le prime 8 finaliste (in partenza i team erano 166) si è piazzata anche la napoletana Buzzoole. L'anno scorso a ricevere un premio fu la milanese Tensive mentre tra i finalisti si distinse Sem Plus, che ora si è trasferita in Silicon Valley con un ufficio a Palo Alto. Più di metà delle aziende che hanno partecipato oggi sono ancora sul mercato, con investimenti complessivi di 56 milioni di dollari.

Neuron Guard si porta a casa un assegno da 15mila dollari e soprattutto un nuovo biglietto da visita e contatti. Curiosità: non è così scontato che l'Italia potesse partecipare al concorso per via delle complicazioni della legge italiana nei concorsi a premio. Non a caso, proprio qui a San Francisco pochi giorni fa all'Intel Make it wearable di aziende italiane non ce n'erano perché la nostra normativa prevede, tra le altre cose, il pagamento di una fideiussione pari al totale del montepremi da parte degli organizzatori. In quel caso la cifra era di circa un milione, mentre al Global Challenge al primo classificato sono andati 50mila dollari (li hanno vinti i cileni di Lab4U, con una serie di tecnologie molto interessanti che rendono lo smartphone uno strumento scientifico), poi 15mila ai 3 premi di categoria e una menzione da 5mila per il team che usa meglio i social media. E così l'Italia, grazie al montepremi meno generoso, ha potuto partecipare.

E vincere. Neuron Guard è stata fondata da Enrico Giuliani, 32 anni, medico specializzato in anestesia e rianimazione a Modena, cui si è poi aggiunta Mary Franzese, 28, laureata in economia, napoletana di origine poi trasferita a Castellanza e ora a Modena dove l'azienda ha aperto gli uffici. Giuliani ha esercitato qualche anno come medico, una vocazione nata in casa dopo anni di assistenza alla zia colpita da ictus. L'idea nasce nell'ambito della rianimazione. Il danno cerebrale causato da ictus, arresto cardiaco o trauma cranico grave è infatti la prima causa di trauma cranico permanente e comporta una spesa globale annua per la sanità di 330 miliardi di dollari. I danni irreversibili iniziano a manifestarsi dopo 8 minuti di anossia e ogni secondo che passa compromette le funzioni cerebrali del paziente. «Il cervello non è in grado di recuperare, si può però cercare di rallentare il danno» spiega Giuliani. Il freddo riduce considerevolmente la progressione e così Neuron Guard ha sviluppato un sistema di ipotermia portatile che si utilizza come un collare da mettere intorno al collo del paziente. Il collare refrigerante riduce così i danni sia in ambulanza che in ospedale, la persona ha un decorso migliore e i costi di assistenza sanitaria si riducono.

L'azienda ha ricevuto un primo finanziamento dal Seedlab di Milano, che ha messo in contatto Giuliani con Mary Franzese, in quel momento iscritta al master in imprenditorialità alla Sda Bocconi di Milano. Così all'animo scientifico si è aggiunto quello manageriale. Un mix riuscito al punto che Mary Franzese è entrata in Neuron Guard e i due soci hanno deciso di investire le proprie risorse finanziarie e dedicarsi al 100% alla società, che a oggi conta un finanziamento di 350mila euro. Hanno fatto domanda di brevetto in Europa e Stati Uniti, fatto la prima fase di esperimenti sulle pecore, aperto una sede e un laboratorio a Mirandola proprio nella fase di ricostruzione post terremoto, realizzato 3 prototipi con fornitori del territorio, vinto il premio Marzotto e stanno mettendo in piedi un team di ingegneri. Cercano finanziamenti perché in questo campi i tempi sono lunghi e servono risorse.

«Il territorio modenese è la nostra Silicon Valley – sottolinea Giuliani – grazie ad aziende di straordinaria qualità con le quali riusciamo ad avere un rapporto diretto». L'ambizione è comunque quella di arrivare al mercato americano, ma «mantenendo la ricerca in Italia perché ha qualità e costa meno». I due viaggi fatti finora in California sono stati importanti «perché abbiamo capito come dialogare con i business angel e affrontare il mercato del venture capital», continua Franzese.

L'altra start-up finalista si chiama Buzzoole, è basata a Napoli e opera nel campo del marketing digitale. “Buzz marketing” nello specifico: ovvero quel filone di promozione di prodotti o servizi che sfrutta la viralità della rete e dei personaggi più seguiti. È un universo in forte crescita che sta cambiando il modo in cui un marchio può proporsi ai consumatori. La soluzione di Buzzoole è una piattaforma basata su un algoritmo proprietario che si rivolge a due attori: utenti che vogliono migliorare la propria presenza e autorevolezza online e aziende che vogliono intercettare i cosiddetti influencer per generare il passaparola. «È un lavoro oggi svolto manualmente dalle agenzie, mentre il nostro algoritmo ci permette di arrivare in maniera più efficace agli influencer in base agli argomenti che trattano. Il brand paga la piattaforma sulla base del traffico generato e spende un terzo di quanto si fa con il metodo classico» spiega il ceo Fabrizio Perrone, 30 anni, pioniere del buzz marketing da quando nel 2008 ha fondato l'agenzia Fanmedia, poi ceduta.

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