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Questo articolo è stato pubblicato il 16 novembre 2014 alle ore 08:13.

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aNel 2009 Tyler ha appena 7 anni. Sta pranzando con la madre, nella loro casa di Weymouth quando lei si sente male: un involtino primavera la sta soffocando. Lui interviene. Prima con qualche colpo sulla spalla. Poi le avvolge le braccia attorno al busto e comincia a fare la manovra di Heimlich, che proprio la madre, tempo prima, gli ha mostrato. Così il piccolo Tyler ha salvato la madre. Tyler fa parte di una nuova generazione di bambini a cui viene insegnato cosa fare in caso di emergenza. Magari per gioco, per i bimbi piccoli. Ma i corsi - ancora poco frequentati - cominciano a diffondere una cultura e una pratica, che in futuro darà i suoi frutti. Perché l'intervento tempestivo di un cittadino qualunque, non necessariamente un sanitario - ed è questo l'ambito del primo soccorso - è fondamentale: una rianimazione cardio-polmonare (Rcp) nei minuti successivi a un arresto cardiaco può raddoppiare o triplicare le probabilità di sopravvivenza. Ma oggi solo nel 15% dei casi qualcuno, in Italia, interviene prima dell'arrivo dell'ambulanza. Perché il testimone non è addestrato o ha paura di sbagliare nel timore (infondato) di una denuncia. E così ogni anno almeno 60mila persone in Italia - 350mila in Europa - muoiono di arresto cardiaco. E ci sono ancora tanti bambini che muoiono perché poche persone sanno fare la manovra di Heimlich, che ha praticato Tyler a 7 anni. Che cosa fa la differenza? Una cultura diffusa del primo soccorso che si basi su buone pratiche, corsi di formazione e l'uso sapiente di tecnologie sia di intervento sia formazione e sensibilizzazione.
Un mese fa è partita, in Olanda, la sperimentazione del drone che porta a chiunque, in meno di un minuto, un defibrillatore automatico. Le tecnologie sono destinate inevitabilmente a spostare sempre di più il confine del primo soccorso verso le persone comuni. Basta pensare ai dispositivi indossabili (dai Google Glass agli occhiali intelligenti) che già contengono strumenti per rilevare i parametri vitali e possono essere utili al primo soccorso. «È fondamentale formare le nuove generazioni e per farlo dobbiamo motivare, incuriosire, divertire» spiega Federico Semeraro, medico e consigliere dell'Italian Resuscitation Council che ha coordinato il team di Relive, serious game presentato il mese scorso. Basta infilare l'Oculus e in pochi istanti si è sulla scena dell'emergenza. E si impara - giocando - come salvare una vita, in caso di arresto cardiaco. Il giocatore si allena a fare l'Rcp con un cuscino o un pupazzo (non è necessario un manichino particolare) e Kinect registra i movimenti delle mani e delle braccia, e li invia a un software che analizza la profondità del massaggio e la sua frequenza. Così l'utente può verificare la validità o meno del suo intervento. «Abbiamo presentato al Miur un progetto per portare in cento scuole una piattaforma di autoaddestramento a distanza basata su Relive - spiega Semeraro - L'obiettivo è dotare le scuole di computer, Oculus e Kinect e coinvolgere gli insegnanti e gli studenti».
Sempre sul versante serious game Help! insegna a evacuare i disabili da un edificio in caso di emergenza, nella consapevolezza che un intervento sbagliato può arrecare danni. Realizzato dal Laboratorio di Interazione Uomo-Macchina dell'Università di Udine in collaborazione con la Consulta Regionale delle Associazioni dei Disabili del Friuli-Venezia Giulia il gioco propone 11 livelli con situazioni differenti. Per ogni disabilità (motoria, visiva o uditiva), il livello iniziale è una palestra di addestramento che permette di apprendere le nozioni, sotto la guida di un vigile del fuoco. Il gioco è gratuito (https://apps.facebook.com/helpseriousgame).
Sul versante delle app ci sono molte proposte. Le più interessanti sfruttano la geolocalizzazione, portando un reale valore aggiunto nell'intervento tempestivo (dopo 4 minuti dall'arresto cardiaco iniziano i danni cerebrali, in genere un'ambulanza arriva in media dopo 14 minuti). Dal luglio scorso WhereAreu permette di effettuare una chiamata di emergenza e inviare la posizione esatta del chiamante alla Centrale del Numero Unico dell'Emergenza (Nue) 112 della Lombardia. Nella consapevolezza che offrire un indirizzo preciso è fondamentale per un rapido soccorso. L'app ha raggiunto i 30mila download (disponibile su www.areu.lombardia.it o sugli store).
A gennaio inizia invece, ad Arezzo, la sperimentazione di iRescue, app per smartphone, che consente la ricezione di una notifica qualora qualcuno nelle immediate vicinanze necessitasse di aiuto. L'app gratuita è rivolta a chi ha indicato sul proprio profilo di essere addestrato all'Rcp. iRescue, che sarà collegata e gestita dalla locale centrale operativa del servizio d'emergenza, invia sul display del cellulare appartenente al soccorritore localizzato nelle vicinanze dell'incidente, dati significativi, in attesa dei mezzi di soccorso. Oltre al luogo dell'emergenza, l'app indicherà anche la più vicina postazione con defibrillatore. «Inoltre avremo diversi vantaggi - spiega Stefano Mazzei, ceo di Salvamento Academy, società che cura il progetto - come un database nazionale dei soccoritori addestrati professionali e non, e una mappatura aggiornata dei defibrillatori, grazie alle indicazioni dei soccoritori».
E tra due settimane partirà un progetto di Formazione a distanza per la disostruzione pediatrica. «Vogliamo raggiungere più persone possibili con queste iniziative e altre. Dobbiamo raggiungere situazioni e contesti diversi per lanciare il messaggio che chiunque può intervenire» spiega Marco Squicciarini, medico e curatore del progetto assieme a Lorella Cuccarini, per l'Associazione Trenta Ore per la Vita. La Fad unisce il linguaggio della docu-fiction a quello della divulgazione scientifica. Sarà sul sito di Trenta Ore per la Vita. La quota di iscrizione al corso sarà destinata a sostenere case-alloggio per bambini malati di tumore.

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