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Questo articolo è stato pubblicato il 19 novembre 2014 alle ore 06:39.
L'ultima modifica è del 19 novembre 2014 alle ore 06:58.

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a«Ne stiamo cercando dodici e guardi che si fa una grande fatica, trovarli non è per nulla facile». A dispetto del tasso record di disoccupazione giovanile, arrivato al 42,9%, i problemi di Valentina Timm sono comuni a molte imprese italiane. La responsabile formazione di Spea, azienda piemontese da 450 addetti e leader mondiale nelle macchine di collaudo per l'elettronica, ha difficoltà a reperire le professionalità tecniche richieste: ingegneri, tecnici informatici e meccatronici.
È ancora una volta qui, nell'area tecnica, a manifestarsi in maniera più evidente in Italia la distanza tra domanda e offerta di lavoro, un mismatch che su base nazionale arriva per alcuni settori dell'industria al 25% delle assunzioni possibili. Le ultime stime Unioncamere-Excelsior indicavano a quota 32.780 le assunzioni previste dall'industria nel trimestre luglio-settembre, con una quota dell'11,4% nell'area del "difficile reperimento". Per meccanica, elettronica, metallurgia e prodotti in metallo questo livello arriva a raddoppiare, evidenziando una distanza rilevante tra i percorsi formativi proposti dalla scuola e scelti dai giovani e l'offerta concreta di posizioni aziendali.
In alcuni casi, come per gli ingegneri elettrotecnici, le difficoltà di reperimento sono addirittura drammatiche: si verificano in sei casi su dieci in Lombardia, in sette su dieci in Emilia-Romagna, in otto su dieci in Veneto. «Una quota rilevante della disoccupazione giovanile – spiega Ermanno Rondi, responsabile Education per il Club dei 15 di Confindustria – è legata a squilibri nei percorsi di scelta. Io stesso, nella mia azienda, fatico a trovare dei tecnici meccatronici, anche se questa a mio avviso è una delle professioni del futuro».
Rondi lamenta errori non solo nella costruzione dei percorsi formativi in Italia ma anche nelle scelte di orientamento. «Alle medie inferiori – spiega – bisognerebbe dare indicazioni oggettive guardando i dati di mercato e fornire un orientamento di tipo formativo mentre a metà del percorso delle superiori sarebbe utile fornire indicazioni sugli sbocchi possibili o sulla formazione di più alto livello: oggi invece prevale il marketing scolastico, che è cosa ben diversa». Nei Politecnici di Torino e Milano, considerati punte di eccellenza nella formazione nazionale, gli ingegneri inoccupati a cinque anni dalla laurea rappresentano appena il 6% del totale. «Questa – aggiunge Rondi – è considerata una soglia minima fisiologica – e in alcune aree come meccanica o ingegneria gestionale si verificano vere e proprie carenze di offerta». Risultati analoghi si vedono nel corso in ingegneria dell'autoveicolo del Politecnico di Torino, frutto di una partnership recentemente rinnovata con Fca: a un anno dalla laurea risulta infatti occupato il 96% dei neolaureati, nell'86,4% dei casi nel settore industriale.
Alla scarsità dell'offerta di competenze, tuttavia, in questa fase si aggiungono anche difficoltà nel corrispondere una remunerazione adeguata. «In Germania – spiega l'ad di Same Deutz-Fahr Lodovico Bussolati – assumiamo un ingegnere con una retribuzione di 55mila euro all'anno, in Italia siamo a poco più della metà». Problemi che vengono segnalati anche da alcuni docenti del Politecnico di Milano e che a volte spingono i laureati più intraprendenti a puntare le proprie carte su una carriera all'estero.
Per ovviare al problema di "scarsità" in Italia alcune aziende hanno deciso di finanziare direttamente la formazione del personale necessario, come avviene alla Liuc di Castellanza, dove il master biennale in Meccatronica, arrivato alla terza edizione, garantisce la piena occupazione dei partecipanti, con offerte di lavoro che si concretizzano già prima del termine del corso.
«Il connubio tra meccanica ed elettronica – aggiunge Rondi – è certamente una della aree di maggior sviluppo e vedo una grande richiesta in arrivo da parte delle aziende. Nei Tempi Moderni di Chaplin erano le macchine a governare l'uomo, oggi accade il contrario ed è un tema fondamentale per la competitività del nostro sistema: si tratta della capacità di mettere "intelligenza" all'interno dei processi produttivi». Aree di sviluppo rilevanti, e non sempre adeguatamente coperte dall'offerta di competenze, sono anche l'informatica, la chimica, lo sviluppo delle attività green.
Senza dimenticare tuttavia i lavori più tradizionali, dove le competenze artigianali delle Pmi rischiano di disperdersi per mancanza di interesse da parte dei giovani. «Nel tessile, così come nelle concerie – aggiunge Rondi – si fatica a trovare interesse da parte delle nuove generazioni. Ecco perché alcune associazioni, come Federlegno, hanno deciso di investire direttamente per creare poli formativi ad hoc, in modo da alimentare la domanda di competenze in arrivo dalle imprese».
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