Storia dell'articolo
Chiudi

Questo articolo è stato pubblicato il 15 dicembre 2014 alle ore 17:35.

My24

Bruno conduceva un programma di cucina. Marko era suo amico da tempo. Katia, invece, una giornalista in ascesa. Aveva intervistato Pavle quando era il calciatore più brillante del Pogoren.
Questo prima che la guerra civile li costringesse insieme a vivere di stenti in un rudere. Prima delle bombe e dei rastrellamenti dei “ribelli”, in realtà di chi semplicemente non si era rassegnato ad abbandonare casa.
No, non è un diario di guerra. Non in senso tradizionale almeno. Quanto descritto è la premessa di This War of Mine, il videogioco più toccante in circolazione: in digital download per pc a 18 euro e 99, è un'avventura punta e clicca con una forte componente gestionale. Scaraventa il giocatore in uno scenario bellico devastato, ma, cosa quasi unica, facendoglielo vivere dalla prospettiva dei civili.
Nessun tiro al bersaglio come in Call of Duty: in This War of Mine occorre sapersi nascondere, far tesoro di quanto raccattato qua e là, e sopravvivere. Come topi.
Pur legittimo, sarebbe riduttivo pensare che il gioco dei polacchi 11 Bit Studios evochi i trascorsi più tragici dell'ex Unione Sovietica. Fra chiaroscuri che sembrano disegnati, descrive come i grandi romanzi qualcosa di universale.
Ma lo fa immergendo il giocatore dentro la narrazione, ancor più terribile perché interattiva. E imponendogli scelte dal fardello etico ingombrante, fra barricate, sciacallaggio e medicine da barattare con pasti caldi.
This War of Mine è l'apice di una tendenza sempre più vigorosa, la punta dell'iceberg di un intrattenimento elettronico rivolto a un pubblico maturo, per temi e contenuti più che in senso anagrafico.
A un tempo dimostra come il videogioco, svicolato dai cliché che per anni l'hanno relegato a invasioni extraterrestri e principesse da salvare, possa diventare racconto e approfondimento potente, per di più adattabile a contesti molteplici.
Lo palesò già nel 2003 il padre dei cosiddetti newsgame, il designer uruguaiano Gonzalo Frasca: il suo September 12th, una simulazione in flash in cui bombardando un paese mediorientale si ottiene solo la proliferazione di terroristi, tracciò un solco indelebile. Da allora il videogame è stato capace, talvolta anche meglio di editoriali autorevoli, di informare ed esprimere una visione sul mondo; di raccontare l'economia dei pirati somali (Cutthroat Capitalism) come le disfunzioni della Food and Drug Administration (Food Import Folly); di sensibilizzare l'opinione pubblica circa la diffusione di pandemie (Plague Inc. e Plague Inc: Evolved), o di descrivere il dramma delle trincee (Valiant Hearts). Non che, quando seri, i videogiochi siano per forza tristi. In un momento di parziale stasi creativa del settore le loro pur piccole rivoluzioni sono ancor più significative e, spesso, molto divertenti. Ne è un esempio Mountain, disponibile da un paio di mesi su Pc, Apple Store e Android a un dollaro. Realizzata da David O'Reilly, l'ideatore dell'avventura olografica giocata da Joaquin Phoenix in Lei, di Spike Jonze, la simulazione impone al giocatore di limitarsi a osservare una montagna fluttuante nel nulla cosmico. Privo di uno storyline e con l'unica possibilità di accelerare la progressione temporale, il gioco promette “totale assenza di controlli” e 50 ore di gameplay in cui “le cose crescono e muoiono” senza alcuna speranza “di ripartire da capo”. È una sorta di tamagotchi evoluto, ben più uncinante del suo predecessore. La montagna del titolo è generata in base a tre disegni concettuali richiesti al giocatore appena installata l'applicazione - proprio come nel film di Jonze basta qualche domanda per creare un'intelligenza artificiale su misura. Da lì in poi qualsiasi cosa avviene proceduralmente, dalla crescita di alberi sulle pendici alle collisioni con eventuali asteroidi o velivoli di passaggio. Via dall'approccio demenziale di best seller come Goat Simulator - il titolo di Coffee Stain Studios che permette di esplorare una metropoli in stile GTA sotto forma di una capra vagabonda - Mountain è una riflessione sull'essenza stessa del medium videoludico e su quanto la possibilità di controllo sull'ambiente, suo elemento peculiare, oggi pervada qualsiasi relazione digitale.
Altrettanto peculiare è Perfect Circles, di Riccardo Boccuzzi e Illusion Group, duo attivo dal 2003 e costituito dai registi Dennis Cabella e Marcello Ercole. Pronto per il lancio su iPad a febbraio, è uno sci-fi thriller interattivo interpretato da attori in carne e ossa, Ayako Fujitani e Flavio Parenti. Con le interazioni tipiche di un touch screen se ne può modificare la trama imponendo azioni specifiche ai personaggi. Difficile prevederne la presa sul pubblico. Ma corretto intravederci una modalità narrativa inedita. Ancora diverso è l'approccio di Mare Nostrum: disponibile gratuitamente su makearmanotwar.com e candidato a un premio di 500mila dollari quale miglior rielaborazione (in gergo “mod”) di Arma 3, il software ribalta le meccaniche del simulatore bellico di Bohemia Interactive, integrandolo con una mappa di Linosa e sostituendo le tattiche di assalto con operazioni di salvataggio e recupero profughi. Al giocatore non è chiesto di uccidere, ma di trarre in salvo.

Articolo pubblicato su Nova24 del 14 dicembre 2014

Commenta la notizia

Shopping24

Dai nostri archivi