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Questo articolo è stato pubblicato il 02 febbraio 2015 alle ore 11:05.

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Internet è destinata a sparire? Certamente no. La dichiarazione ad effetto di Eric Schmidt, in occasione del World Economic Forum di Davos, è stata in effetti una provocazione recitata ad arte. La Rete del futuro prossimo, ha infatti precisato il presidente di Google, sarà ovunque intorno a noi e non ce ne renderemo conto. Sensori, apparati IP e oggetti connessi saranno dappertutto, dentro e fuori casa, in ufficio, nelle tasche e anche al polso. E con essi dialogheremo quotidianamente, più volte al giorno. Lo scenario dipinto da Schmidt è in buona sostanza quello che teorizzano i cultori (e i vendor) dell'Internet delle cose.

L'evoluzione della pervasività di Internet verso un ecosistema in cui l'individuo/utente si muoverà in contesti altamente personalizzati e interattivi e le aziende prenderanno decisioni sulla base di informazioni raccolte ed elaborate in tempo reale, ci proietta l'essenza dell'Internet of Things ma non ci dice se la nostra società e l'attuale disciplina di settore siano in grado di sfruttare le immense potenzialità di questo fenomeno. E neppure chi (e come) deve governarlo. Giulio Coraggio, avvocato e partner dello studio legale Dla Piper, ha provato a sintetizzare per Nòva la prima questione. “L'approccio dell'Europa continentale è spesso di diffidenza rispetto a cambiamenti invasivi come può essere l'avvento dell'IoT, che inevitabilmente richiederà delle precauzioni per proteggere la nostra privacy in un contesto in cui ogni oggetto che avremo intorno cercherà di carpire informazioni su di noi. I garanti europei sono però propensi ad applicare all'Internet of Things, in modo molto stringente, i principi in materia di privacy creati per un mondo che non conosceva questo fenomeno”. In altre parole l'attuale normativa europea potrebbe porre oneri eccessivi a carico di chi opera in questo settore e per questo ipotizzare un nuovo concetto di dato personale “di interesse pubblico”, non soggetto alle restrizioni delle leggi sulla privacy, non è, secondo Coraggio, fuori luogo.

Il tema della governance dell'Internet of Things, e della responsabilità legata ad eventuali bachi della sicurezza dei sistemi Iot, è centrale e registra pareri anche discordanti. La Federal Trade Commission americana, per esempio, ha sì rilasciato delle linee guida in tema (raccomandando l'adozione di misure di trasparenza circa le modalità di trattamento dei dati) ma non ritiene il settore abbastanza maturo per richiedere un quadro regolatorio ad hoc. Alla domanda “chi governa l'IoT?” Maurizio Riva, Direttore Clienti Multinazionali di Intel per la regione Emea, risponde spiegando come sia necessario “creare una filiera standard dove poter connettere qualsiasi device senza preoccuparsi di chi governa”. Per questo la società californiana (che nel 2014 ha fatturato alla voce Iot circa 2,1 miliardi di dollari, il 19% in più rispetto al 2013) ha dato vita a un consorzio (l'Open Interconnect Consortium) “per rendere questo mondo di oggetti indipendente dal sistema operativo e dal tipo di dispositivo utilizzato”.

La linea che traccia invece Joseph Bradley, Evangelist e Vice President IoE Practice di Cisco Consulting Services (che Nòva ha incontrato a Milano in occasione dell'evento internazionale Live) allarga ulteriormente il campo verso quello che è il mantra della casa californiana quando si parla di mondo connesso. E cioè l'Internet of everything. “Le cose connesse sono una grande risorsa ma il mondo connesso è fatto anche di persone, processi, applicazioni e informazioni. Il network – dice il manager – è fondamentale perché conosce il contesto in cui le persone vivono e lavorano ma il vero valore sono i dati”. E la questione degli standard? “Sono un acceleratore – spiega ancora Bradley – ma non sono il fattore principale: connettere le cose è relativamente semplice, il vero problema è gestire l'IoT a livello di dati e processi”.

Le opportunità che questo fenomeno promette, questo è certo, sono impressionanti. La stessa Cisco parlava un anno fa di un potenziale giro d'affari di 19 trilioni di dollari entro il 2020; McKinsey nel 2013 stimava l'impatto economico delle applicazioni IoT fra i 14 e i 33 trilioni dollari l'anno a partire dal 2025. L'ultimo rapporto diffuso da Gartner ha quantificato in 25 miliardi il numero di oggetti connessi che popoleranno il pianeta entro i prossimi cinque anni. Quest'anno arriveremo a quota cinque miliardi.

Articolo pubblicato su Nova24 del 1 febbraio 2015

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