Storia dell'articolo
Chiudi

Questo articolo è stato pubblicato il 16 febbraio 2015 alle ore 12:46.
L'ultima modifica è del 16 febbraio 2015 alle ore 14:47.

My24
(Marka)(Marka)

Contenuti clonati, già promossi in passato su altre piattaforme. Domini web registrati, ma non più attivi. Indirizzi rimasti in soffitta, prontamente sostituiti con percorsi dal sapore più glamour. La galassia dei siti internet governativi è composta da 241 finestre online, più o meno accessibili, che vengono pubblicate e aggiornate (o dimenticate) al ritmo sincopato della politica.

Un esempio per tutti: una decina di domini web si sono alternati nel corso degli anni per comunicare lo stato di avanzamento delle riforme. Risale al giugno 2005, sotto il terzo governo Berlusconi, la registrazione di attuazioneprogramma.gov.it (non più attivo). Sempre la sua presidenza, ma nella legislatura successiva, ha battezzato il quasi omonimo attuazione.gov.it. A seguire si è preferito puntare su programmazioneconomica.gov.it, poi su programmagoverno.gov.it, riformeistituzionali.gov.it, riforme.gov.it, attuazioneriforme.gov.it e così via: tutti domini che fanno capo a Palazzo Chigi, ma non più accessibili. Fino al più recente passodopopasso.italia.it lanciato dal premier Matteo Renzi per scandire il countdown dei famosi “mille giorni” di riforme (che oggi, con 169 giorni già consumati alle spalle, ancora ospita in basso a destra nella homepage la scritta “versione beta”).

Eppure, le tante iniziative del Governo sul web devono fare i conti con norme avanzate che regolano in modo rigido la comunicazione online tra Pa e cittadini. All’Agenzia per l’Italia digitale (Agid) spetta il compito di accreditare le amministrazioni per il rilascio dei domini.gov.it. Fanno capo alla presidenza del Consiglio, inclusi i suoi dipartimenti, e ai ministeri 154 indirizzi web registrati dal 2002 a oggi (di cui 64 risultano inattivi), a cui si aggiungono altri 87 siti tematici che vengono richiamati nelle homepage istituzionali.

La registrazione del dominio impone il rispetto di alcuni requisiti di qualità, oltre a quelli previsti per l’accessibilità dei disabili (ai sensi della legge 4/2004), e all’Agid spetta il monitoraggio. «La vita di questi portali, però, non è sottoposta a controlli molto efficaci», afferma Emilio Simonetti, dirigente del servizio web della Funzione pubblica. In realtà, la legge prevede la nullità dei contratti in caso di mancato rispetto dei requisiti tecnici di accessibilità, aggiornati dal Dm dell’Istruzione del 20 marzo 2013: «Almeno con la legislazione siamo molto rigorosi in Italia: addirittura un sito internet può essere considerato fuorilegge senza il rispetto di questi requisiti», aggiunge Simonetti.

Il portale accessibile.gov.it avrebbe dovuto raccogliere le segnalazioni da parte dei cittadini, ma oggi risulta inattivo. Al suo posto ora c’è pubbliaccesso.gov.it, che però - si legge - è «in fase di aggiornamento». A ereditare questa funzione, in realtà, è il portale dell’Agid, che mette a disposizione un modulo per indicare eventuali inadempienze, «ma con modalità estremamente complicate», sottolinea Simonetti. Tanto che le segnalazioni pervenute nel 2014 da parte dei cittadini sono esigue, «nell’ordine di poche decine», come fa sapere la stessa Agenzia.

Più rigide sono le verifiche sulla trasparenza, legate agli obblighi per i siti web della Pa introdotti dalla riforma Brunetta e poi rafforzati dal Dlgs 33/2013: «Questo decreto - spiega il responsabile web della Funzione pubblica - è intervenuto fortemente nell’architettura dei portali istituzionali con obblighi molto chiari: la pubblicazione sul web è diventata condizione di efficacia giuridica per alcuni provvedimenti prodotti dagli enti pubblici, come accade con la Gazzetta Ufficiale».

I controlli spettano all’Anticorruzione, che ha poteri sanzionatori (con multe da 500 a 10mila euro). Sono più di 70 i requisiti che i siti istituzionali devono rispettare in base al Dl 33/2013: dalla pubblicazione dell’organigramma ai dati di bilancio, sui portali del Governo gli obblighi sono quasi sempre assolti. In base al test della Bussola della trasparenza, strumento online della Funzione pubblica, è il sito web della Farnesina a ottenere il punteggio più basso (57 criteri rispettati su 72): mancano all’appello, per esempio, l’elenco degli incarichi di vertice, lo scadenzario dei nuovi obblighi e i tassi di assenza del personale.

Dopo recenti revisioni del processo di verifica e sanzionatorio, oggi spetta all’Anac controllare che tutte le informazioni siano correttamente pubblicate su tutti i portali web degli enti pubblici. Nel 2014 le segnalazioni pervenute all’Autorità, relative a siti internet sia nazionali che locali, sono state in tutto 258: l’Anac ha accertato 163 enti inadempienti, chiedendo di rimuovere le innosservanze accertate. A ottobre ancora il 15% delle amministrazioni non si era adeguato.

Commenta la notizia

Shopping24

Dai nostri archivi