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Questo articolo è stato pubblicato il 23 marzo 2015 alle ore 10:00.

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Le interfacce, se si vuole cercare innovazione nei prodotti digitali bisogna osservare le interfacce. È una risposta abbastanza frequente quando si chiede a chi si occupa di ricerca che cosa possiamo aspettarci nei prossimi 5 anni. La terza dimensione sulle superfici piatte di smartphone e touchpad (o trackpad) suscita meno entusiasmo rispetto ai comandi vocali e gestuali, ma in qualche modo sta arrivando. E il wearable sarà un’occasione di crescita.

L’idea è che i comandi siano capaci di rilevare non solo la pressione, ma anche la sua intensità dando risultati conseguenti. Un nuovo input, una rivincita sul mouse, specie sulle ultime ambizioni del tasto destro, forse la sua fine. Synaptics, che ha contribuito alla diffusione del touchpad, ci lavora da anni. L’azienda di Santa Clara è nata nel 1986 e tra i fondatori vede l’italiano Federico Faggin, inventore del primo microchip (il famoso Intel 4004) e premiato tra i migliori innovatori da Barack Obama soltanto 4 anni fa.

Synaptics già sul finire del 2013 ha implementato un touchpad capace di rilevare la pressione, rinunciando dunque a clickpad e mouse, sul notebook HP EliteBook 1040. Non ne è nato un trend, ma ora sembra il momento giusto. Apple è entrata a gamba tesa, portando il Force Touch sull’Apple Watch e sui nuovi MacBook. E pochi giorni fa è arrivata l’inevitabile indiscrezione: secondo il Wall Street Journal la possibilità di sfruttare la terza dimensione del display verrà introdotta anche sui prossimi iPhone.

La soluzione per il trackpad prevede che sotto la superficie capacitiva in vetro siano posti due sensori. Sono loro a rilevare l’entità della pressione. E i risultati sono diversi: ad esempio si può accelerare la velocità di riproduzione di un video iMovie schiacciando con più forza. Oppure ingrandire le mappe, aprire su un link un pop up con l’anteprima della pagina, cercare la definizione di una parola sul dizionario e molto altro. Sulla piccola superficie del display del Watch un nuovo input è utile.

Gli elettrodi distinguono tra un lieve tap e una pressione più forte dando accesso a una serie di comandi di numero inferiore rispetto ai Mac, ma dei quali gli sviluppatori potranno fare tesoro (per ora sono poche funzioni per messaggi, musica e calendario, oppure la scelta tra diversi quadranti e la ricerca di un indirizzo nelle mappe).

«C’è una grande crescita di attenzione, in questi giorni ho ricevuto diverse telefonate e mail... spero che questo si traduca in una ulteriore crescita di interesse nei confronti della nostra tecnologia» spiega Alessandro Levi, ceo e fondatore di Sem Plus insieme a Silvano Furlan e Matteo Piovanelli, una startup italiana che si è trasferita in Silicon Valley ormai da un paio di anni per portare avanti una scommessa: sviluppare uno schermo touch flessibile di materiale plastico capace di rilevare differenti livelli di pressione per diversi punti di contatto allo stesso tempo (fino a 10), e dunque più di quanto possibile fino a oggi (Force Touch può rivere l’input di profondità di soltanto un dito alla volta) anche perché il risultato non arriva grazie ai sensori ma grazie alle capacità del display.

La tecnologia è brevettata a livello internazionale, la startup ha raccolto finanziamenti dopo l’ incubazione presso l’acceleratore Plug & Play ed è ancora in una fase di ricerca e sviluppo. Sem Plus è nata nei laboratori della Scuola Superiore Sant'Anna di Pisa e dell'IIT di Genova e ha vinto l’Intel Business Challenge nel 2013.

In prospettiva i nuovi schermi tattili possono trovare applicazione nell’automotive. La stessa Synaptics ha presentato all’ultimo Ces di Las Vegas il prototipo Torchio, che consente una gestione intelligente dell’infotaiment in auto grazie a un tappettino touch capace di rilevare, tra le altre cose, contatti multipli allo stesso tempo. Anche i videogiochi saranno uno sbocco naturale. E il wearable, sul modello Apple Watch, ne avrà bisogno per valorizzare le scarse dimensioni dello schermo.

Tra le startup, la californiana Next Input ha ricevuto la scorsa estate un finanziamento da 500mila dollari da Band of Angels. Vuole raggiungere un milione e mezzo e guarda all’internet of things. La soluzione ricorda quella di Apple, con dei sensori posti tra il display lcd e la base del device. La sfida per realtà come Sem Plus e Next Input è cogliere al volo questa opportunità con partnership o acquisizioni, visto che i grandi colossi nel frattempo fanno ricerca su soluzione proprietarie fatte in case. E sicuramente colossi del calibro di Sony, Samsung ed Lg non staranno a guardare.

Articolo pubblicato su Nova24 del 22 marzo 2015

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