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Questo articolo è stato pubblicato il 26 maggio 2015 alle ore 10:03.

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Steven Quartz ha lasciato i laboratori del California Institute of Technology per mettere in pratica i suoi studi di neuromarketing e offrirne i risultati alle major del cinema. Per misurare il modo in cui il cervello elaborava le emozioni era necessario un macchinario simile a quello per le risonanze magnetiche in cui i volontari, una quarantina, spesso si addormentavano guardando i film. Era il 2004 e non c'era un metodo che permettesse un'analisi tanto dettagliata del cervello, che veniva controllato millimetro per millimetro. Questi metodi, diventati più potenti grazie all'avanzata tecnologica, non hanno mai conquistato del tutto le Major che ne hanno fatto uso fino a quando non si è trovata una soluzione migliore. Nel 2010 la Worldwide Motion Picture Group, al prezzo di ventimila dollari, analizzava un copione e, confrontandolo con le migliaia disponibili nei propri database, ne individuava gli elementi di successo e le fragilità. Scandagliando il mercato con dei test, suggeriva modifiche alla sceneggiatura e agli script. Le informazioni raccolte e i dati elaborati erano la giusta soluzione per le major, una forma di valore aggiunto da consegnare nelle mani di autori e registi. L'azienda, che nel frattempo ha chiuso i battenti a causa di una bancarotta ancora al vaglio degli inquirenti, è rinata con il nome di C4, sempre guidata dall'italo-americano Vincent Bruzzese. Quello di Hollywood è un caso che si adatta ai Big data e all'uso che se ne fa anche nel settore dell'intrattenimento. Oggi, con carte di credito, fidelity card e questionari ad hoc, siti web, pagine e profili sui social network, si sa quasi tutto dei gusti e delle preferenze delle persone. Tutti dati che finiscono nei database delle aziende specializzate nell'analisi dei Big data e che ritornano come strumento di business .

Satyamev Jayate Non c'è solo il cinema a godere dell'analisi minuziosa dei Big data, si sta profilando una cultura proprietaria con cui ogni player dell'intrattenimento casalingo cerca di guadagnare pubblico, facendo dei dati un'arma per guadagnare competitività. E questo accade ad Hollywood come a Bollywood; è proprio l'India a fornire un esempio dell'uso dei dati. Aamir Khan riesce a catalizzare 800 milioni di occhi quando va in onda “Satyamev Jayate”, un talk-show in cui si discute dei problemi sociali più avvertiti dagli indiani. Il meccanismo prevede un'approfondita analisi con la quale si individuano i temi più avvertiti e durante la trasmissione si sensibilizza l'opinione pubblica informandola e proponendo soluzioni. Per scegliere i temi caldi vengono analizzate le interazioni sul web (Facebook, forum e email) ed è stata creata un'apposita linea telefonica. Sono 8 milioni le persone che contribuiscono al successo dello show, in crescita al ritmo di quasi 100mila a settimana; ogni singola trasmissione viene vista da 400 milioni di indiani.

Netflix L'azienda americana nel 2011 ha annunciato di volere produrre contenuti originali. Decisione presa grazie alla grande mole di dati raccolti dai propri abbonati. Netflix è in grado di sapere chi guarda cosa, in quale giorno e a che ora, tramite quale dispositivo, quando un utente salta porzioni di film, quali porzioni invece vengono viste e riviste più volte, quando un utente decide di abbandonare un contenuto e molte altre informazioni. Questa possibilità, ha permesso di creare serie TV in base ai gusti degli utenti. I risultati sono “House of Cards – Gli intrighi del potere” e “Orange is the new black”, che hanno fatto incetta di premi e di critica. Trasmesse a partire dal 2013, è prevista la produzione di una quarta stagione di entrambe le serie. Per “House of Cards” anche gli attori protagonisti (Kevin Spacey e Robin Wright) sono stati individuati leggendo le preferenze del pubblico, anche la locandina è stata creata dopo uno studio approfondito sul gradimento dei colori, delle immagini e dei dettagli. House of Cards, con il passare delle stagioni, ha perso audience fino ad arrivare al 6,5% degli iscritti. Questo significa che i Big data sono strumenti preziosi per imbeccare gli sceneggiatori ma l'estro e la creatività devono correre su un binario separato e a velocità elevata e costante.

La pirateria e gli Iron Maiden Sulle scene da 40 anni, la band che ha dato forma alla “new wave of british heavy metal” ha preferito usare la pirateria invece che lamentarsene. Nel 2013 ha incaricato la Musicmetrics – società focalizzata sull'analisi del traffico BitTorrent – di scandagliare i prelievi dei propri album, al fine di organizzare concerti laddove si registrano i più alti tassi di download. Un'intuizione che ha riempito le casse della Iron Maiden LPP, società che detiene i diritti della band.

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