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Questo articolo è stato pubblicato il 15 aprile 2014 alle ore 07:26.
L'ultima modifica è del 19 giugno 2014 alle ore 15:09.

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Le nomine al vertice delle grandi aziende controllate dallo Stato sono non solo un atto di governo secco e valutabile politicamente nella sua interezza, ma un test significativo per gli investitori esteri e per i mercati, che giudicheranno sulla base dei risultati. Per cominciare, Eni, Enel e Finmeccanica sono tre grandi imprese italiane quotate in borsa, che vivono e competono sul mercato globale e che, operando in settori geo-strategici come l'energia e la difesa, rappresentano un interesse nazionale tra i più forti e sensibili politicamente.

L'epoca sciagurata delle partecipazioni statali a trazione tutta partitica (e tutta perdite) è da molti anni un ricordo per fortuna ormai sbiadito, ma non deve meravigliare che le decisioni del governo Renzi siano state fino all'ultimo al centro di complesse valutazioni e discussioni per trovare un punto di equilibrio tra discontinuità (anagrafica, di mandato e di genere), competenza professionale ed esperienza. Del resto, si potrebbe dire, parafrasando Mao Tse-tung, che anche una rivoluzione soffice "non è un pranzo di gala". E comunque - in un quadro dove nelle liste dei nomi sotto i livelli di ad e presidenti non mancano dosaggi da manuale Cencelli delle appartenenze – siamo di fronte ad un cambio di stagione nel segno della leadership personale di Matteo Renzi.
Ad una prima lettura delle scelte fatte, e al netto dei facili slogan sulla rottamazione continua, si vede che un equilibrio è stato raggiunto. I nuovi capi azienda di Eni ed Enel, Claudio Descalzi (braccio destro dell'ad uscente Paolo Scaroni) e Francesco Starace sono manager di primissima linea dei due giganti dell'energia.

Il nuovo amministratore delegato di Finmeccanica, Mauro Moretti, è l'uomo che ha traghettato le Ferrovie dello Stato dai disavanzi cronici all'utile di bilancio e che ha scritto una pagina di successo con l'Alta velocità. A sua volta Francesco Caio, nuovo timoniere di Poste (società destinata alla quotazione) è un tecnico stimato, ex ad di Avio.
Per le presidenze (tutte retribuite col tetto a 238mila euro lordi all'anno), confermato Gianni De Gennaro a Finmeccanica, s'avanza la novità di un tris in rosa. Emma Marcegaglia, presidente degli industriali europei, all'Eni, l'imprenditrice Luisa Todini alle Poste. Il capo azienda di Olivetti, Patrizia Grieco, all'Enel.
Il premier Renzi ha commentato: «Tutti professionisti autorevoli, molte donne». Non gli si può dare torto. L'operazione si presenta come di "rottura controllata" e certo non presta il fianco, rispetto ai ruoli indicati, a critiche sulle competenze dei new comers.

Naturalmente non è solo un problema di volti nuovi e di maggiore presenza femminile, tutti e tutte con buoni curriculum. Le leadership si conquistano sul campo, e sia le politiche internazionali quanto i mercati, tanto più quando ai risultati economici si sommano valutazioni geo-strategiche, sono attori e giudici spietati. I casi di Eni ed Enel (come per Terna, l'azienda ben guidata da Flavio Cattaneo, per la quale si attendono le indicazioni della Cassa Depositi e Prestiti), fin qui diretti per tre mandati consecutivi da Paolo Scaroni e Fulvio Conti, lo dimostrano.
Saranno i risultati a dire se la svolta di Renzi del 2014 avrà avuto successo o meno. Il metro di giudizio rimane questo, l'unico possibile.
guido.gentili@ilsole24ore.com

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