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Cina: sul commercio la Ue non usa più guanti di velluto

di Antonio Pollio Salimbeni

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14 marzo 2008

L'Europa è davvero sguarnita di fronte all'incalzare della Cina? A giudicare dai fatti degli ultimi mesi la risposta è no. I governi hanno appena deciso di imporre nuove tasse antidumping sull'importazione di pompe ad aria compressa per il settore auto vendute dai cinesi a un prezzo notevolmente inferiore al costo
di produzione. Il primo febbraio la Commissione di Bruxelles ha aperto una procedura antidumping per le importazioni di acciai piatti e inossidabili laminati a freddo provenienti da Cina, Corea del Sud e Taiwan dopo la protesta di Eurofer, federazione europea dell'industria siderurgica. A metà febbraio è stata la volta dell'apertura delle inchieste sull'importazione di lampadine e cavi d'acciaio. Quanto al vecchio e
caro settore tessile, resta in piedi un sistema di sorveglianza delle importazioni che copre dieci
categorie di prodotti sensibili (dalle t-shirts alle maglie ai pantaloni) e Bruxelles intende utilizzare "tutti gli strumenti disponibili" in caso di esplosione delle importazioni.

La tassa antidumping è la misura più utilizzata: tra il 1996 e il 2005 la Ue vi ha fatto ricorso 194 volte principalmente contro Cina (38 casi) e India (16). Meno utilizzate le misure anti-sussidio contro i paesi terzi, ma c'è una pressione crescente perché vi si faccia un maggiore ricorso. Infine ci sono le misure di salvaguardia che fronteggiano afflussi di prodotti in una misura tale da destabilizzare un intero settore industriale.

Se si passa dai dati alla politica si scopre che i tentativi del responsabile europeo del commercio Peter Mandelson, britannico e capofila dell'ala liberista della Commissione, di modificare alla radice il concetto di "interesse comunitario" sono letteralmente naufragati sotto l'urto degli interessi dell'industria (non come è ovvio di importatori e distributori) e di un largo fronte di governi (tra cui Italia, Francia, Spagna, Germania, Portogallo). Mandelson avrebbe voluto permettere alle imprese europee che delocalizzano una parte della produzione nei paesi in cui si produce a bassi costi di essere esentate almeno parzialmente dalla misure antidumping. A parte il danno economico, ciò avrebbe costituito un precedente dagli effetti imbarazzanti visto che la pratica antidumping non può essere considerata leale se utilizzata dagli europei e sleale se viene praticata dai cinesi.

In questo periodo, a causa della lunga crisi dei mercati finanziari e della necessità di importanti banche e società finanziarie di reperire capitali, sono di scena i fondi sovrani. L'Unione europea ha scelto una linea morbida confidando nella possibilità di definire un codice di condotta universalmente valido e concordato alla luce del sole. E' molto probabile che ciò avvenga dato che i paesi sviluppati vogliono tutto tranne che far fuggire l'investitore cinese, russo o di una petromonarchia di cui ha un disperato bisogno; dal canto loro i fondi sovrani devono diversificare i loro asset.

In ogni caso molti governi stanno preparando da tempo accurati sbarramenti per difendere imprese e addirittura settori considerati "sensibili" per la sicurezza nazionale. Ultimo il caso della ‘golden share' che Francia e Germania stanno studiando per Eads, secondo gruppo aerospaziale al mondo dopo Boeing, seconda azienda di armamenti europea dopo Bae System (una società di investimento di Dubai detiene già il 3,12% e una banca russa il 5%).

Il passaggio è stretto: per eccesso di difesa non si manderà in pezzi l'intera impalcatura del mercato unico che si fonda sulla libera circolazione di uomini, merci e capitali?


Antonio Pollio Salimbeni, esperto di economia internazionale, dal 2002 è corrispondente a Bruxelles per Il Sole 24 Ore Radiocor. Già inviato e corrispondente a Washington per l'Unità, ha vinto i premi giornalistici Saint Vincent 1997 e Lingotto 1999. Ha pubblicato "Il drago, Hong Kong, la Cina e l'Occidente alla vigilia del nuovo millennio" (con L.Tamburrino, Donzelli 1997), "Il grande mercato. Realtà e miti della globalizzazione" (Bruno Mondadori1999), "Lo sviluppo insostenibile" (con P.Greco, BrunoMondadori 2003).

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