«L'Italia ha le risorse per uscire dalla crisi, ma per uscire dal tunnel ci vorrà ancora un anno e mezzo. Come Esselunga siamo siamo riusciti a chiudere il 2009 con un fatturato in crescita, ma non è stato facile. Ci sono voluti grandi volumi, tanto più che i prezzi dei nostri prodotti sono calati del 7,5% nel giro dell'ultimo anno». Bernardo Caprotti, classe 1925, imprenditore milanese presidente del gruppo Esselunga, storico marchio della grande distribuzione, rompe la tradizionale riservatezza nel giorno in cui riceve la laurea honoris causa in Architettura dall'Università La Sapienza di Roma.

Un riconoscimenento conferitogli per la sensibilità mostrata nella sua lunga carriera imprenditoriale verso i temi della funzionalità degli spazi e dell'eleganza delle forme architettoniche (un centinaio di punti vendita Esselunga, su 140 totali, sono stati progettati da grandi nomi dell'architettura, da Ignazio Cardella a Mario Botta). Visibilmente emozionato per la laurea, Caprotti accenna anche ai piani di investimenti del gruppo, confermando l'intenzione di espandersi a sud della Toscana e di aprire nella capitale.

«Si tratta di una città monumentale, nella quale basta iniziare uno scavo per trovare una villa storica – dice - ma tra un anno dovremmo aprire i cantieri, con l'obiettivo di 2 o 3 supersore a Roma e dintorni». Nessun altro dettaglio. Solo un riferimento ai problemi che incontra tuttora la grande distribuzione. «L'Italia è un Paese in cui non si può muovere niente – attacca -. In dieci anni, a livello di liberalizzazione, si è fatta solo quella del pane, realizzata dal ministro Bersani, che non è riuscito a spingersi oltre. E la burocrazia è asfissiante. Per aprire un punto vendita a Legnano ci sono voluti 21 anni». Per finire, un giudizio sul governo Berlusconi. «Certe cose le ha fatte molto bene. Non è facile fare investimenti in momenti di crisi».

 

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