E rispondendo a una domanda del Sole24Ore.com sulle indiscrezioni, circolate in questi giorni, circa possibili contatti con imprese italiane per far "rimpatriare" illecitamente capitali dall'estero, aggirando la normativa sullo scudo fiscale, il presidente Venturi ha escluso possibili interessamenti alle aziende del commercio. Si tratterebbe, spiega, di un'operazione molto complicata da realizzare, visto che parliamo, prevalentemente, di piccole imprese, individuali o a gestione familiare, dal giro d'affari, quindi, circoscritto e contenuto, che difficilmente potrebbero essere utilizzate per "parcheggiare" grandi somme di denaro, come quelle a cui si rivolge la normativa sullo scudo, recentemente prorogata al 30 aprile prossimo. In ogni caso, prosegue, «monitoreremo il fenomeno», e diremo «no a tutte quelle richieste che non sono legittime».
Dal rapporto emerge come siano prevalentemente quattro le "attività economiche" preferite dalla mafia: edilizia (in particolare, il settore delle concessioni), commercio, specie grande distribuzione, autotrasporto e giochi e scommesse. E non cambiano, sottolinea il presidente di Sos Imprese, Lino Busà, gli "strumenti normativi" utilizzati per controllare il giro d'affari illegale: srl, magari, in franchising, o società in partecipazione, con imprese o singole persone, incensurate, a fare da prestanomi. (Claudio Tucci)
Rispetto al passato, è, però, cresciuta la risposta dello Stato: 200 latitanti arrestati negli ultimi mesi, 4mila arresti mafiosi, la camorra casertana colpita duramente, beni sequestrati per oltre 5 milioni di euro. In aumento, anche, il numero di denunce per usura: nel periodo 2004-2007, evidenzia lo studio, le persone denunciate sono salite da 995 a 1.313. Ma servono, sottolinea Venturi, "politiche agevolative" per gli imprenditori che denunciano. A partire, da un più semplice accesso al credito. «Bisogna smetterla - ha dichiarato - di considerarlo un "soggetto a rischio" quando bussa alle porte del sistema creditizio».
Al Governo, poi, il presidente di Confesercenti chiede un "pacchetto Giustizia", che renda, effettivamente, "certa la pena" e vada, oltre, «le semplici logiche risarcitorie». Semplici e chiari gli obiettivi da perseguire, anche con un maggior accordo e condivisione tra imprese, cittadini e istituzioni: «aver la forza di escludere, con rigore, le imprese colluse da appalti e forniture pubbliche e pensare, invece, a percorsi preferenziali per chi si ribella al racket».
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