«L'equo compenso è previsto da anni nel nostro sistema, in particolare dal decreto legislativo n. 68/2003, che ha attuato una direttiva comunitaria. Non è una tassa ma un compenso dovuto per legge a soggetti privati. Paesi come la Francia, la Germania e la Spagna (e altri ancora) hanno previsto da tempo tale compenso e lo hanno stabilito in misura ben più alta di quanto lo abbiamo fatto noi». Lo dichiara  il ministro dei beni culturali, Sandro Bondi,  oggi sul quotidiano «La Repubblica», replicando all'articolo «La nuova tassa contro la cultura» pubblicato ieri. Il ministro sottolinea che «lo Stato non c'entra nulla» con tale compenso ricordando allo stesso tempo che «proteggere il diritto d'autore è un modo per consentire a creatori, interpreti ed esecutori di proseguire la propria attività e preservare la loro autonomia e dignità». Bondi annuncia anche che sarà istituito un tavolo di lavoro presso la Presidenza del Consiglio «nel quale saranno rappresentati tutti i soggetti porta.

Il decreto per la determinazione della misura del compenso per copia privata firmato dal ministro dei beni culturali, che sarà pubblicato a giorni sulla Gazzetta Ufficiale dopo la registrazione della Corte dei Conti, è un decreto attuativo di una legge del 2003 nata da una direttiva Ue del 2001. Era atteso dal 2003 perche la legge stabilisce che in questa materia i decreti attuativi abbiano una valenza triennale. Nel 2012 dovrebbe quindi arrivarne un altro.

Legato alla legge sul diritto d'autore, il provvedimento stabilisce, richiamandosi a un allegato tecnico, i nuovi importi degli aumenti dei prezzi che devono essere applicati, a spese dei fabbricanti e degli importatori, alle memorie di massa, per esempio dvd e chiavette usb, con importi che variano a seconda della loro capacità, nonchè a computer e telefoni cellulari che consentono di memorizzare e/o seguire opere audiovisive protette dalla legge sul diritto d'autore.Queste somme, indicate come "equo compenso", costituiscono i diritti che vengono corrisposti, tramite la Siae, agli autori e agli editori.

Quote di equo compenso si applicano nei principali paesi europei. Quelle fissate per l'Italia,  secondo quanto scritto nella relazione illustrativa del decreto, sono circa la metà rispetto a quelle già in vigore in Francia. Notazione che ha fatto anche la Siae, che pur apprezzando l'arrivo del decreto ha sottolineato come le quote non siano ancora "eque". Su diverse posizioni la Confindustria, che con il presidente di Assinform (associazione delle imprese di informatica) Paolo Angelucci sottolinea che il decreto penalizza l'industria italiana dell'It e il sistema imprenditoriale.

Sempre Confindustria con il presidente Anie (imprese elettrotecniche ed elettroniche) Guidalberto Guidi dice che «Il nuovo decreto stravolge il regime vigente introducendo sostanzialmente una tassa il cui importo cresce proporzionalmente alla capacità di memoria degli apparecchi elettronici». Il consumatore, dice Guidi « è gravemente penalizzato dal nuovo meccanismo, in quanto si vede costretto a pagare almeno tre balzelli (sui contenuti acquistati, sull'apparecchio, sul supporto digitale) per esercitare il proprio diritto ad effettuare una copia di un contenuto digitale acquistato legalmente». A Guidi hanno replicato il direttore generale della Siae Gaetano Blandini («il decreto, dal punto di vista dei principi, è perfettamente in linea con quanto accade nei maggiori Paesi europei Francia, Germania, Spagna») e mentre il presidente Siae Giorgio Assumma, raccogliendo l'allarme lanciato dalla parlamentare Pd Giovanna Melandri, ha sottolineato che la società degli autori e degli editori «vigilerà con attenzione» perchè l'aumento delle quote non si ripercuota sui consumatori.

Su posizioni diverse da Guidi e Angelucci, il presidente di Confindustria cultura Paolo Ferrari, che sottolinea come l'Italia attendesse da anni il decreto, spiega che non si deve parlare di tassa e ribadisce che le quote fissate per l'Italia sono inferiori del 50% rispetto ai compensi previsti in Francia. Preoccupate per i consumatori, infine, la Federconsumatori e Adusbef, convinte che il decreto «avrà un impatto sostanziale sui prezzi degli utilizzatori finali».

 

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