Su Termini Imerese la decisione «è irreversibile»: lo stabilimento sarà chiuso nel 2012 . È categorico l'amministratore delegato della Fiat, Sergio Marchionne, che ha insistito sull'irrevocabilità dei piani di chiusura della fabbrica siciliana durante il suo intervento all'Automotive News World Congress.
Il discorso di Marchionne è stato interrotto dalle proteste. Un sindacalista, Matteo Colombi, durante l'evento organizzato al Renaissance Center di Detroit, ha urlato «Fiat-Chrysler vergogna». Marchionne si è scusato con la platea e il manifestante è stato scortato all'uscita.
La Fiat, ha detto Marchionne, è un'azienda e ha le responsabilità di un'azienda. Non ha le responsabilità di un governo, è il governo che deve governare: «Siamo il maggiore investitore in Italia, ma non abbiamo la responsabilità di governare il paese», ha aggiunto.

«A livello globale la nostra industria ha la capacità di produrre circa 94 milioni di auto all'anno, circa 30 milioni in più di quante se ne vendono. Un terzo di questo eccesso di capacità si trova in Europa, dove il settore automobilistico resta virtualmente l'unico settore a non aver ancora razionalizzato la produzione. L'Europa lo scorso anno ha utilizzato il 75% della propria capacità, un numero che potrebbe scendere al 65% quest'anno. La ragione è semplice - spiega Marchionne -: i produttori europei semplicemente non chiudono gli impianti. E questo perché ricevono spesso fondi per non farlo. L'ultima volta che un impianto in Germania è stato chiuso la Seconda Guerra Mondiale doveva ancora iniziare».
«Questo problema coincide con l'apparente determinazione a fare del settore automobilistico l'ultimo bastione del nazionalismo economico del continente. È passato più di mezzo secolo è passato da quando il Trattato di Roma è stato firmato, e i governi europei continuano ancora ad agire come se fossero le infermiere delle rispettive case automobilistiche nazionali, discriminandosi fra paesi», aggiunge Marchionne, sottolineando come i motivi alla base di questo atteggiamento del governo potrebbero essere anche «ammirevoli. Tutelare l'occupazione è il primo: è un imperativo di ogni società assicurare che i bisogni umani siano soddisfatti» ma non si possono forzare le industrie a farlo. E inoltre - aggiunge - le aziende «possono farlo solo in modo artificiale».

 

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