L'Italia rispetta in extremis la prima scadenza fissata dalla Commissione europea per la spesa dei nuovi fondi europei e salva 3,4 miliardi di euro. Ma nel 2010 dovrà cambiare passo per centrare un obiettivo che si fa più ambizioso e sfiorerà 6 miliardi.
È il principale dato che emerge dal Rapporto strategico sulla programmazione 2007-2013 inviato a Bruxelles dal governo. La programmazione 2007-2013 è partita con estrema lentezza, anche a causa della sovrapposizione dell'avvio del nuovo ciclo con le attività di chiusura del 2000-2006 prorogate dalla Ue fino a giugno 2009. Negli ultimi tre mesi c'è stata l'accelerazione per evitare il disimpegno. Per esattezza, secondo i dati del ministero dello Sviluppo economico guidato da Claudio Scajola, al 31 dicembre 2009, data di prima applicazione della regola del disimpegno automatico delle risorse, l'Italia ha certificato alla Commissione europea un importo complessivo di spese sostenute pari a 4 miliardi di euro, superando anche la soglia dei 3,4 miliardi in scadenza. Torneranno invece al mittente, cioè a Bruxelles, 55 milioni del fondo sociale non spesi in tempo dalla Sicilia mentre per i fondi dell'Abruzzo, in virtù dell'emergenza terremoto, ricorrono le causa di forza maggiore ammesse dalla Ue.

Attivazione parziale
Si è accelerato per spendere i fondi in scadenza nel 2009, ma l'attivazione dei singoli programmi dell'intero periodo è ancora ferma a poco più di un terzo. Sommando il principale obiettivo (Convergenza: Calabria, Puglia, Campania, Sicilia) e quello delle altre regioni (Competitività) l'Italia ha a disposizione 59,4 miliardi, ma secondo gli ultimi dati ha attivato interventi (ha, cioè, allocato risorse) per 22,6 miliardi, il 38% del totale. «Nel complesso lo considero un dato abbastanza positivo – commenta Sabina De Luca, della direzione per la politica regionale - E va comunque letto caso per caso». Il quadro è infatti molto frastagliato: ci sono priorità di intervento con un alto livello di attivazione, come "Reti e mobilità" al 71% e "Competitività delle città" al 50%, e altre molto più indietro: "Risorse naturali e culturali" al 23%, "Inclusione sociale" al 26%, "Energia" al 15%. In generale, sulle risorse del Fondo sociale (Fse) si registrano ritardi maggiori rispetto al Fondo di sviluppo regionale (Fesr).

L'incognita 2010
Concluso lo sprint del 2009, per il dipartimento per lo sviluppo economico diretto da Aldo Mancurti si è aperto un anno impegnativo. Stavolta, a dicembre, scadrà un importo di quasi 6 miliardi di euro con un handicap di non scarso rilievo: le elezioni regionali. Perché, in vista dell'appuntamento di marzo, la macchina della programmazione sta già rallentando e sarà forse ancora peggio a urne chiuse, quando gli organigrammi regionali, compresi i ruoli di chi lavora ai programmi comunitari, saranno in buona parte riassegnati.
C'è attesa nel 2010 anche per la politica del governo sulle risorse ordinarie e sul Fas, il fondo aree sottoutilizzate che insieme ai fondi strutturali alimenta il Quadro strategico 2007-2013. In una recente giornata di studi sul Mezzogiorno, è toccato al governatore della Banca d'Italia Mario Draghi ricordare l'importanza delle politiche generali che, se inadeguate, rendono inefficaci anche quelle "straordinarie".

In base al principio di addizionalità - pilastro della politica comunitaria di coesione – i contributi dei fondi strutturali non possono sostituire le spese pubbliche ordinarie di uno stato membro. La spesa in conto capitale destinata al Mezzogiorno è però scesa al 35% nel biennio 2008-2009 contro la vecchia soglia minima del 41% (non confermata nel Dpef). Nel frattempo il Fas, prosciugato dai provvedimenti anti-crisi, ha perso 13,3 miliardi rispetto alla dotazione iniziale. Per questi motivi – spiega il rapporto – l'obiettivo di addizionalità dei fondi strutturali, fissato in base alle regole comunitarie, al momento è ancora lontano e questo gap, senza cambiamenti nei prossimi anni, porterebbe a una riduzione dei livelli di spesa del 15%.

 

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