«Ma si rende conto che, nei ristoranti della mia Taormina, i camerieri e i cuochi oggi parlano un pessimo inglese? Negli aurei anni Cinquanta, da noi come a Palermo, il personale si esprimeva correttamente in inglese e in tedesco».
Daniele Schilirò, studi a Cambridge e a Yale, insegna economia politica all'università di Messina. È uno specialista di sistemi produttivi locali e non fa sconti alla «sua» Sicilia e al «suo» Sud. Ci sono anche i cuochi e i camerieri in difficoltà con i clienti americani e tedeschi, dietro a una inadeguatezza complessiva del servizio che, alla fine, ha prodotto per il nostro paese un calo del 21% dei viaggi verso Sud.
«Tutto il Mezzogiorno - dice Schilirò - soffre di un problema preciso: i flussi si concentrano soltanto nei mesi estivi. A Taormina, a parte le grandi strutture controllate dalle catene internazionali, gli alberghi familiari chiudono per mesi». E, qui, cita il caso, un po' verità un po' leggenda metropolitana, del villaggio vicino a Phuket, in Thailandia, dove si trasferirebbero una buona parte degli albergatori taorminesi, a svernare in attesa della bella stagione.
Nel pessimo dato registrato dall'Istat, però, c'è pure l'effetto della crisi. Anche se è vero che la flessione è assai più drastica del -9,8% registrato dalla media nazionale. «C'è una differenza in negativo per il Sud - ammette l'economista Nicola Rossi, senatore del Pd - ma quando il Pil crolla del 5% come successo l'anno scorso, non ci si deve meravigliare per il calo generalizzato dei viaggi. In qualunque parte d'Italia». Per Rossi, autore del saggio Mediterraneo del Nord, il problema è perché strutturalmente il Sud non riesca a sfruttare il suo potenziale turistico. «E soprattutto - continua - come mai, a differenza di altri settori produttivi che soffrono ma reagiscono ristrutturandosi, questo settore appaia inerte: non c'è alcuna riorganizzazione generale in atto».
Dunque, se molti imprenditori privati sembrano preda di una "narcosi" da crisi, occorre capire meglio le politiche pubbliche. Che, non sempre, sono state all'altezza in questi anni. «Per ottenere i fondi europei - nota Rossi - ci sarebbe dovuta essere una perfetta coesione fra Regioni, perché si evitassero doppioni e sovrapposizioni nelle rispettive scelte, che invece è mancata. Ma se è andata così nel passato, difficilmente questo mancato pieno allineamento si potrà ripetere in futuro: i soldi, da qualunque fonte provengano, saranno sempre meno».
Diversa la valutazione, in merito alle policy pubbliche, di Fabio Granata, pidiellino di stretta osservanza finiana, che è stato assessore regionale al turismo in Sicilia.
«Sul territorio meridionale - nota Granata - i soldi europei sono stati essenziali per riuscire a riaprire tutta una serie di spazi teatrali e di beni culturali. Inoltre, è stato compiuto un buon lavoro sulla ricettività». E, citando il caso siciliano, Granata ricorda come, se nel 2000 fra bed and breakfast e agriturismi c'erano 67 strutture, ora se ne contano oltre 3500. Certo, bisogna ancora lavorare molto, qui come nel resto del Sud, sulla qualità del servizio. Ma qualcosa, nei comportamenti singoli come in quelli collettivi, si sta muovendo. «Nell'area della Val di Noto, divenuta patrimonio Unesco dell'umanità, si sono moltiplicate le iniziative in rete. Si tratta di un piccolo fenomeno virtuoso nato dal basso, non calato dall'alto», commenta Granata. Che ricorda anche come sia frutto della libera imprenditorialità siciliana l'imporsi della nouvelle vague del vino siciliano, contro una realtà dominata fino a quindici anni fa dal "vino da taglio".
Dunque, al di là delle pur rilevanti politiche pubbliche, nel Sud il futuro del settore è soprattutto nelle mani di chi, ogni giorno, accoglie i turisti, italiani e stranieri. «Il livello del servizio nel nostro Sud - dice Vittorio Muolo, proprietario della masseria Torre Coccaro, un resort in provincia di Brindisi - mediamente non è adeguato agli standard internazionali».
La famiglia Muolo, nel 1993, è andata in Scozia, per gestire un albergo a nord di Edimburgo. Dopo sette anni, il ritorno a casa. «Là - aggiunge - abbiamo imparato quanto conti la qualità del servizio che, oltre alla semplice ospitalità, devi offrire. Il golf, il divertimento culturale, i festival».
In qualche maniera, il Mezzogiorno deve abbandonare una idea di turismo in cui la dimensione «selvaggia» è sufficiente. «Esistono spiagge meravigliose - dice Muolo - ma ormai non basta più il fascino del selvatico. Servono servizi comparabili a quelli della Costa Azzurra. Sennò, il Sud uscirà sempre sconfitto dalla competizione per attrarre turisti: italiani o stranieri, poco importa».

 

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