Il ministro delle Finanze greco Giorgio Papaconstinou sottolinea che Atene potrebbe chiedere l'attivazione del pacchetto di aiuti Ue-Fmi, anche prima della fine del negoziato. Il collega dell'Economia tedesco, Rainer Bruderle, ribadisce che «la
Grecia non ha chiesto aiuto» all'Europa. Insomma, nella giornata dell'incontro tra Atene, il Fondo monetario internazionale, e l''Unione Europea sul piano di aiuti economici da 40-45 miliardi tutti sono «completamente d'accordo ... a metà», per citare un noto calciatore. Il che non stupisce: le scadenze elettorali spingono Berlino a ritardare, almeno fino al 9 maggio, la netta presa di posizione che fa infuriare i contribuenti-elettori tedeschi; Atene, dal canto suo, vuole sfruttare l'ombrello dell'Fmi-Ue per spuntare condizioni migliori sulle sue emissioni obbligazionarie, prima di accedere concretamente ai soldi del piano. Comunque, nella prima giornata di trattative, la Grecia ha cercato una task force Ue-Fmi per definire le condizioni per l'eventuale attivazione degli aiuti. Una discussione che non potrà andare oltre il termine limite del 15 maggio, data che anticipa di pochi giorni la prossima scadenza finanziaria di Atene.

I rischi e la paura di un default
Molto scetticismo, comunque, rimane sul nuovo corso greco. La differenza di rendimento tra il bond decennale greco e quello tedesco, considerato una sorta di benchmark dell'investimento statale "sicuro", si allargata ancora di più rispetto a ieri, raggiungendo i 502 basis points. Cioè, il 5,02 per cento. Questo significa che è in atto una vendita dell'emissione ellenica (un segnale di sfiducia), che fa scendere la sua quotazione e, automaticamente, ne fa salire lo yield; con il consueguente allargamento del differenziale con quello tedesco.

Ma non è solo questione di spread. Anche i "famigerati" cds sono saliti a 489 punti base, contro i 463 di ieri. Ciò significa che il premio asicurativo per il rischio di credito della Grecia è cresciuto. L'indicatore, in linea di massima, indica una tendenza che non va sottovalutata. E tuttavia, non bisogna mai dimenticare che questi derivati sono scambiati da poche banche su mercati Over the counter e, quindi, sono facilmente oggetti di manipolazione nelle loro quotazioni.

L'utilizzo degli aiuti la soluzione migliore
Simili movimenti sono l'inequivocabile segnale del nervosismo dei mercati. «La Grecia potrebbe - spiega Luca Cazzulani, esperto di reddito fisso di UniCredit- ancora ricorrere al mercato dei capitali, ma pagando rendimenti» che sono diventati troppo elevati, troppo cari. La scorsa settimana il governo ha confermato il roadshow per un bond denominato in dollari, anche se l'ammontare sarà più basso dei 10 miliardi annunciati. Questa, però, potrebbe essere l'ultima mossa senza far ricorso agli aiuti dell'Fmi o dell'Ue. «L'attivazione del piano resta la più semplice e veloce via di uscita dalla crisi. Anche perchè -ricorda Cazzulani - verso metà maggio arrivano in scadenza circa 10 miliardi di debito». E in cassa i soldi per pagare una simile cifra non ci sono. «Al contrario - dice l'esperto - i 45 miliardi del piano potrebbero dare tranquillità per pagare, da qui fino alla fine dell'anno, tutte le scadenze». Lo stesso Antonio Cesarano, responsabile market strategy Mps, sottolinea che«la strada migliore è quella di attingere subito agli aiuti. Almeno quelli di parte Fmi. Più complesso, anche per le scadenze elettorali imminenti e la neccesità dell'approvazione da parte dei parlamenti, il discorso per la tranche proposta dall'Unione europea».

I rendimenti nel breve possono scendere
A questo punto, se il piano fosse messo in moto, i rendimenti calerebbero? «Con grande probabilità penso di sì. Il via libera al piano economico convincerebbe che la Grecia non "sarebbe lasciata fuori all'addiaccio". Il premio al rischio per le emissioni a un anno, come per esempio il Ggb 3,8% 2011, dovrebbe scendere, e di molto». Le cose, invece, sono più complicate per le duration più lunghe. Il vero problema, è il medio periodo. «C'è un alto livello di scadenze - ricorda Cazzulani -: circa 30 miliardi di euro per ogni anno nel prossimo biennio. In questo caso i rendimenti rimarranno elevati ed è fondamentale che la Grecia riesca a realizzare velocemente un surplus primario». Altrimenti, la situazione diventa insostenibile.

Il maggiore peso per i creditori europei
Fin qui il lato della Grecia. Ma quale la situazione dall'altra parte, cioè dai paesi di Eurolandia che daranno il loro aiuto? «Calcolando il maggior peso della raccolta per ciascuna nazione interessata - risponde Cazzulani - l'ulteriore onere, nel 2010, non è eccessivo. Per la Germania, per esempio, si tratta di un incremento del 3,8%; Francia e Spagna, invece, dovrebbero realizzare una crescita del funding del 3,3 per cento. L'Italia avrebbe un peso aggiuntivo del 2,3 per cento. Più problematica, al contrario, la posizione di paesi più piccoli». Vale a dire? «Penso al Portogalllo: un aumento del 4% può essere un onere non indifferente per Lisbona» che ha una situazione debitoria non certo così solida.

Non va dimenticato, però, che si tratta sempre di prestiti remunerati da Atene. Calcolando una media di rendimento del 5%, lo spread rispetto allo yeild dei paesi creditori non è in alcuni casi basso. Per Berlino, per esempio, si tratta di 376 basis points; 330 quello rispetto all'Italia. Il differenziale più basso (cioè meno remunerativo per lo stato che presterà denari alla Grecia) è quello del Portogallo. Di nuovo Lisbona si trova in una posizione meno avvantaggiata.

 

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