Acque molto agitate in casa del Pdl. Questa volta ad accendere gli animi è del finiano Italo Bocchino che si è dimesso da vicecapogruppo alla Camera, ma, in una lettera indirizzata a Fabrizio Cicchitto, numero uno del gruppo, ha annunciato la sua intenzione di candidarsi alla presidenza.

Intanto le posizioni di Gianfranco Fini e dei suoi sono oggetto di un nuovo attacco a parte dei vertici del partito: l'approccio del presidente della Camera e della sua fondazione Farefuturo è «infondato e rovinoso», ha scritto il ministro della Cultura e coordinatore Pdl, Sandro Bondi, sul sito dell'organizzazione Promotori della Libertà nell'ambito della quale ricopre il ruolo di responsabile cultura e formazione. In serata Fini ha incontrato il ministro della Semplificazione, Roberto Calderoli, e il governatore del Piemonte, Roberto Cota. L'incontro si è svolto negli uffici di Fini e al centro del colloquio c'è stato il tema del federalismo.

Tornando a Bocchino, si tratta di una sfida in piena regola perché, è la tesi del deputato ex An, se cade il vice anche il presidente deve rassegnare le dimissioni e i vertici vanno rinnovati in toto. «Simul stabunt, simul cadent», scrive il vicecapogruppo del Popolo della libertà nella sua missiva rispolverando una frase che gli annali legano a Claudio Martelli e Bettino Craxi. Le sue dimissioni saranno formalizzate nell'assemblea del gruppo da convocare al più presto.

Nella lettera Bocchino ha chiesto anche di incontrare il premier Silvio Berlusconi. «Ti prego di favorire un incontro con il presidente Berlusconi - è l'invito che il vicecapogruppo rivolge a Cicchitto – anche alla presenza del coordinatore Verdini affinché si possa dar vita a un chiarimento politico che faciliti il difficile percorso che il gruppo dovrà fare».

Le ragioni del suo gesto Bocchino le ha spiegate nella stessa lettera. La mia candidatura, scrive, sarà presentata «non per distanza politica o personale da te, ma per consentire alla minoranza di esercitare il suo ruolo, di verificare le sue forze e conseguentemente di rivendicare gli spazi corrispondenti al suo peso».

Cicchitto, dal canto suo, preferisce prendere tempo. «Ci siamo scambiati i rispettivi punti di vista sulla situazione politica – ha spiegato il capogruppo – e anche sullo statuto del gruppo. È evidente che il problema delle dimissioni di Bocchino deve essere esaminato anche dal gruppo dirigente del partito. Di conseguenza si è deciso di prendere il tempo necessario per un esame della situazione».

Chi dei due ha ragione? L'ufficio stampa del Pdl corregge Bocchino. «L'articolo 8 del regolamento - è la tesi del gruppo – non lega affatto il destino del presidente e del vicepresidente vicario, a meno che ovviamente non sia il primo a dare le dimissioni dalla sua carica».

La partita, però, sembra destinata a non chiudersi qui. Perché, poco dopo la lettera di Bocchino, anche il sottosegretario all'Ambiente, Roberto Menia, ha lanciato la sua candidatura. «Lo farò anch'io», scrive il finiano che però sottolinea il clima, non disteso, che regna nella pattuglia di parlamentari vicini all'ex leader di An. «Non so quale consenso egli pensi di avere – sottolinea Menia -, ma non ha certo il mio né di quello di molti che con lealtà seguono Fini e con altrettanta lealtà sostengono il governo Berlusconi e non si prestano al gioco delle tre carte».

Bondi su Fini: «Approccio infondato e rovinoso»
L'approccio di Gianfranco Fini e della sua fondazione Farefuturo è «infondato e rovinoso» perché «non prevede un necessario lavoro comune che, pur nelle differenze, conduca ad un esito, ad un'unità più alta, a possibili cambiamenti, a innovazioni auspicabili e possibili», ma «scommette sulla frattura, sull'ipotesi di una storia nuova e diversa rispetto a quella nella quale siamo impegnati oggi». Lo scrive il ministro della Cultura e coordinatore Pdl, Sandro Bondi, sul sito dell'organizzazione Promotori della Libertà nell'ambito della quale ricopre il ruolo di responsabile cultura e formazione.

Bondi esorta i Promotori della Libertà che si riconoscono «nel messaggio politico e nei valori di Silvio Berlusconi, a rivendicare con orgoglio l`appartenenza ad una storia che non tolleriamo venga giudicata in modo tanto rozzo e sbrigativo quanto infondato e ingeneroso». Il coordinatore del Pdl, infatti, ribadisce che "le posizioni critiche di Fini possono diventare un motivo di arricchimento e di forza del nostro partito, a condizione che non siano impostate come un continuo, sistematico, pretestuoso distinguersi dalla linea maggioritaria del partito, dalle decisioni assunte dal governo e dalla leadership di Silvio Berlusconi, come purtroppo è avvenuto fino ad ora».

Secondo il ministro il punto decisivo di disaccordo è «come si possa concepire un confronto che si sviluppi non in continuità politica, ideale e programmatica con l'opera del suo fondatore, bensì in radicale alternativa ad esso. Tutto il ragionamento di Campi e di Farefuturo è su questa lunghezza d'onda: dimostrare che "il finismo è altro dal berlusconismo", che "un'altra destra, un'altra politica, un'altra Italia" è possibile dopo che finirà, secondo Alessandro Campi, l'incantesimo che avvolge l`Italia. E qui si avverte chiaramente il vero e proprio fastidio, l'avversione nei confronti dell'attuale destra e delle "truppe vocianti del Cavaliere"».

Napolitano: «La magistratura faccia una seria riflessione critica su se stessa»
Calderoli rilancia il federalismo fiscale: l'alleanza con Fini non è in discussione

 

Shopping24