Le tensioni dentro la maggioranza si scaricano già sui lavori parlamentari: il governo è andato sotto alla Camera su un provvedimento importante come il collegato lavoro e al Senato sulla riforma forense. A Montecitorio la responsabilità va cercata fra i 95 deputati del Pdl assenti durante le votazioni: 45 erano in missione (tra cui il capogruppo Fabrizio Cicchitto), 50 invece gli assenti ingiustificati. Tra questi figura il numero due dei deputati pidiellini, Italo Bocchino, le cui dimissioni stanno agitando la maggioranza. A far mancare il loro supporto, però, ci sono anche altri finiani ingiustificati: Fabio Granata, Carmelo Briguglio, Flavia Perina ed Enzo Raisi. Roberto Menia, Angela Napoli, Silvano Moffa e Andrea Ronchi sono invece assenti perché in missione.

Così, il primo test sulla tenuta in aula del Pdl si conclude con una rovinosa caduta causata dalle defezioni dei fedelissimi di Fini. Mancavano all'appello, però, anche undici leghisti: 8 giustificati, tre no. Intanto oggi, dai microfoni di Radio Radicale, Umberto Bossi ha ribadito che le elezioni non si faranno, se la Lega non le vuole. «Serve il federalismo fiscale - dice il Senatur – altrimenti l'Italia farà la fine della Grecia, è assolutamente necessario». E, alla domanda se Fini è d'accordo, Bossi risponde senza troppi giri di parole. «Penso di sì, sotto sotto. Adesso è tutto preso a cercare di tamponare le beghe avvenute con Berlusconi e quindi si lascia andare a ragionamenti ai quali non crede nemmeno lui, sa anche lui – conclude Bossi – che occorre fare il federalismo fiscale».

Interpellato poi dai cronisti a Montecitorio, il leader lumbard ha rassicurato i suoi sul futuro delle riforme tanto care al Carroccio. «Sul federalismo con Gianfranco Fini non ci sono problemi, non ci sono storie». Il Senatur ha così chiarito i contenuti dell'incontro, avvenuto ieri a Montecitorio, tra Fini, il ministro della Semplificazione Roberto Calderoli e il neogovernatore del Piemonte, Roberto Cota. «Ho detto ai miei di parlare con lui, e da loro ho saputo che non ci sono problemi per il federalismo». Bossi ha quindi ribadito che il federalismo deve essere portato avanti senza tentennamenti. «Il federalismo o lo fai o l'Italia fa la fine della Grecia o peggio. Il federalismo va fatto». Poi, a riprova che tra lui e l'ex leader di An non ci sono dissidi, Bossi ha offerto la sua solidarietà al presidente della Camera, dopo il nuovo attacco del Giornale di Vittorio Feltri. «Io vengo attaccato quotidianamente anche sul piano personale. Un politico deve far finta di niente, farsi scivolare tutto addosso».

Stamane il presidente della Camera Fini è tornato stamane a ribadire la necessità di imboccare la strada delle riforme. Lo ha fatto intervenendo al convegno «Generare classe dirigente» organizzato dall'università Luiss di Roma. Per Fini la sfida per il futuro del paese si gioca essenzialmente «sulla capacità di operare cambiamenti autenticamente strutturali». Per questo serve «più coraggio» nel mettere in campo le riforme. Non può bastare, infatti, la «tendenza a minimizzare» gli effetti della crisi, «con la speranza più o meno segreta che tutto tornerà come prima. Senza interventi incisivi e strutturali questa speranza sarà vana». Anzi, insiste Fini, se ci si lascia catturare dalla «tentazione di aspettare» che «la bufera» passi, questo atteggiamento «può portare, soprattutto in Italia, a fornire un alibi per l'inerzia, inerzia che difficilmente sarà comprensibile e spiegabile in futuro».

Il presidente della Camera sottolinea poi che serve «più consapevolezza della necessità di superare gli svantaggi che riducono la competitività nel nostro Paese». Per la classe dirigente italiana è indispensabile raccogliere «la sfida ineludibile di dar vita alle riforme», tra cui la terza carica dello Stato indica la riforma fiscale, il disboscamento burocratico, la qualità della formazione universitaria e della ricerca. Insomma, per Fini la politica «deve sapere indicare progetti non solo di tipo economico ma anche di tipo civile», per tornare a una «etica civile comune» e a un «senso di appartenenza».

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