PRAGA – Un rapido vertice con il presidente della Repubblica Ceca, Vaclacv Klaus questa mattina e poi il ritorno a Washington: Barack Obama guarda già all'appuntamento di lunedì mattina per il vertice dei 47 che ospiterà nella capitale americana, di nuovo per parlare di disarmo e di sanzioni contro l'Iran. Dalla sua ha un punto di forza nei confronti dei partecipanti: ieri qui a Praga, nel grande castello della città, sulle rive della Moldova, Stati Uniti e Russia si sono esibiti in un minuetto storico. Innanzitutto sul fronte del disarmo nucleare, con la firma di un trattato già corredato di protocolli di intesa e presto di allegati tecnici completi, come non era mai successo in circostanze simili in passato. Ma anche sul fronte dei rapporti istituzionali fra le due nazioni e personali fra i due leader: Barack Obama e Dimitri Medvedev sono stati i protagonisti di un riavvicinamento che fino a diciotto mesi sembrava impossibile. E subito dopo la storica firma nella Sala Spagnola di questo castello del IX secolo, traboccante di stucchi dorati, candelabri giganti ed enormi cariatidi sulle cornici del soffitto, i due leader avevano già affrontato le ricadute degli accordi di ieri. Un rapido avvicinamento per il varo di sanzioni "intelligenti" contro l'Iran già entro la primavera. La nascita di una piattaforma comune su cui costruire il successo del vertice di lunedì, per garantire il controllo dei detriti e materiali atomici. Una veduta comune – almeno così ci hanno detto i funzionari al seguito di Barack Obama – sulla crisi del Kirghizistan. L'avvio di nuovi negoziati per il rafforzamento delle relazioni economiche e per altri negoziati: i successi nei rapporti fra i due paesi non saranno più limitati, come lo sono stati per decenni, attorno ad accordi per il disarmo atomico. «Oggi abbiamo mandato un segnale al mondo intero: gli Stati Uniti e la Russia sono di nuovo pronti ad assumere la leadership – ha detto Obama raggiante subito dopo la firma del trattato – un anno fa a Londra, al nostro primo incontro, era difficile cooperare nell'interesse dei nostri popoli. Un male per le nostre nazioni e per il mondo». «Con questo accordo ha vinto l'intera comunità mondiale – ha detto Medvedev – abbiamo trovato un giusto equilibrio – e poi, in inglese, ha aggiunto – è una win situation», «una situazione in cui si vince soltanto».

Nella griglia di accordi, passi in avanti, cinguettii fra i due leader vi sono però anche preoccupazioni per le ricadute sull'Europa di questa nuova fase annunciata ieri nei rapporti fra Stati Uniti e Russia. Il Trattato e il dialogo (difficile) avviato sui nuovi sistemi di difesa antimissili atomici da schierare in Europa è avvenuto senza che l'Europa stessa fosse al tavolo dei negoziati. E Medvedev ha voluto sottolineare che una «variazione negli equilibri strategici (leggi sistemi difensivi antimissili) potrebbe invalidare il trattato...» che, assicurano a Washington, sarà comunque ratificato dal Senato entro la fine dell'anno. «A Praga si è cercato di scavalcare la mentalità della guerra Fredda. Ma è anche vero che Russia e Stati Uniti decidono per conto loro su questioni che riguardano direttamente l'Europa. E di questo, soprattutto i paesi dell'Est ne soffrono, riaffiorano antichi fantasmi», ci ha detto ieri Reginald Dale, del Center for International and Strategic Studies a Washington.

Questa posizione irrita apertamente Michael McFaul, l'eminenza grigia degli accordi di ieri, l'esperto di Russia ed Eurasia chiamato da Obama dalla Stanford University e dalla Hoover Institution per diventare un punto di riferimento al Consiglio per la Sicurezza Nazionale della Casa Bianca. È stato lui il capo negoziatore coi russi. È lui ad aver negoziato la riduzione da 2.200 testate nucleari strategiche a 1550, a limitare a 700 le piattaforme di lancio, a 800 i vettori di trasporto per le armi atomiche e le altre mille pagine di dettagli su verifiche, categorie, tempi e modi per la riduzione. Incontra i giornalisti al seguito di Obama nella saletta stampa del Marriott di Praga e quando tocca l'argomento "incertezza Europea" si scalda: «Con questi accordi diamo una vera garanzia per migliorare la sicurezza in Europa... I tentativi precedenti non la davano, anzi». E spiega che la cena di ieri notte fra Obama e i leader di 11 paesi dell'est e centro Europa, tutti membri della Nato che spesso combattono al fianco dei soldati americani, è servita proprio a fugare qualunque dubbio in proposito: «Non contano le percezioni – dice ancora – contano i fatti e i fatti dicono che oggi stiamo meglio di ieri».

Questo vale anche per il varo delle sanzioni contro l'Iran. McFaul ha spiegato che nel corso del vertice bilatereale che si è tenuto al Castello, 85 minuti, quattro persone per parte inclusi i leader e i ministri degli Esteri, si è compiuto un passo in avanti importante sulla questione iraniana. Si sono esaminati dossier tecnici, non solo teorici «che fanno avanzare il dialogo dal se al come...». Vi saranno perciò capitoli diversi nella scrittura definitiva delle sanzioni da varare all'Onu, con un presupposto comune ai due leader: non si colpirà la popolazione, ma, secondo Medvedev : «si dovranno usare sanzioni intelligenti per convincere l'Iran che si sta muovendo nella direzione sbagliata, che si isola sempre di più dalla comunità internazionale». Questo elimina quasi certamente l'ipotesi di sanzioni energetiche, le più dure per Theran. Secondo Obama, se ne aggiungeranno altre «molto convicenti, che isoleranno Theran...». Resta da convincere la Cina: ma a questo ci penserà lo stesso Obama durante il vertice bilaterale con il leader cinese Hu Jintao, lunedì mattina a Washington, il primo ai margini del vertice dei 47. Se ci riuscirà, il presidente americano avrà incassato un altro successo politico dopo il contrattacco che è passato per la riforma sanitaria e vari accordi internazionali, decisivi per rafforzare la sua immagine politica in vista delle elezioni di novembre.

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