Omicidio plurimo volontario per chi fornisce le carrette del mare. A un anno dalla condanna del comandante del natante F174, in cui morirono 283 clandestini asiatici la notte del Natale 1996, la Corte di Cassazione conferma la condanna a 30 anni per l'armatore che mise a disposizione il battello e collaborò all'organizzazione del viaggio(si legga la sentenza su Guida al diritto).

L'armatore libanese era stato assolto in primo grado, con un verdetto ribaltato in appello, perché non presente al momento in cui è avvenuto, al largo della Sicilia, quello che la stampa internazionale aveva chiamato il naufragio "fantasma". La tragedia si era verificata nel corso di un trasbordo tra due imbarcazioni, fatto malgrado le pessime condizioni del mare, per stipare oltre 300 uomini nella F174 che si era inabissata. La nave pilota era partita lasciando senza soccorso i naufraghi, i cui corpi vennero individuati e recuperati solo nel 2001, anche grazie all'appello di 4 premi Nobel. L'armatore libanese, la cui condanna è stata confermata ieri, era stato assolto nel 2007 dalla Corte d'Assise di Siracusa per non aver commesso il fatto.

Secondo i giudici siracusani non esistevano, infatti, le prove del dolo, del nesso causale tra la sua condotta e l'evento, né di una sua partecipazione alla decisione di non prestare soccorso ai naufraghi. Di parere opposto la Cassazione che, in linea con la Corte d'Assise d'Appello di Catania, indica punto per punto le responsabilità dell'armatore, nel più grande disastro nella storia dell'immigrazione clandestina. L'imprenditore libanese aveva, infatti, fornito un'imbarcazione fatiscente, in grado di accogliere 100 persone al massimo, pur sapendo che ne sarebbero partite 500, sapeva inoltre che le persone erano in mare da 15 giorni in condizioni disumane che imponevano lo sbarco a ogni costo, per finire, era consapevole che le condizioni del mare non consentivano un trasbordo. L'assenza sul posto dell'armatore, secondo la Cassazione, non solo non esclude le colpe, anzi conferma la consapevolezza che il verificarsi della tragedia era altamente possibile. Il ricorrente aveva deciso di seguire le operazioni dalla terra ferma in contatto radio, senza avvertire nessuno di quanto stava accadendo. Neppure con una telefonata anonima.

 

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