Ma il cuore del confronto ha riguardato lo Statuto. Grazie anche all'iniziativa del Sole 24 Ore di mercoledì scorso che ha dedicato una pagina al decennale chiamando gli esperti a dare una pagella sulla sua attuazione. Pagella sostanzialmente deficitaria. Per questo ad avviso di Siciliotti «i principi dello Statuto andrebbero elevati a norme di rango costituzionale».
Raffaello Lupi, ordinario di diritto tributario a Tor Vergata, ha definito lo Statuto «una legge-manifesto importante perché i giudici e l'amministrazione finanziaria, nella loro attività di valutazione, hanno bisogno di punti di riferimento».
Per il presidente della commissione sull'Anagrafe tributaria e assessore al Bilancio del comune di Roma, Maurizio Leo (Pdl), «il problema delle fonti del diritto non si pone per le norme amministrative comunali che devono sottostare alle disposizioni dello Statuto. Una regola di condotta dalla quale a Roma stiamo cercando di non derogare al contrario del legislatore nazionale che spesso ha privilegiato le ragioni del gettito a quelle dei contribuenti, come in materia di irretroattività delle pretese fiscali».
Al contrario, per Marina Calderone, presidente del Consiglio nazionale dei consulenti del lavoro, «le linee guida sancite dallo Statuto da cui non si dovrebbe mai prescindere sono la buona fede e la correttezza dei contribuenti». Proprio nell'ottica di tutelare i contribuenti, per Stefano Fassina (responsabile economico del Pd), «nel costruire la riforma fiscale e quella federale si dovrà agire con cautela e nell'ambito di un disegno organico per non consegnare i cittadini a tre anni di cambiamenti turbolenti e incertezze, con buona pace dello Statuto».
A tal proposito, Antonio Polito, direttore centrale servizi ai contribuenti dell'agenzia delle Entrate, ha definito lo statuto «più che un insieme di norme cogenti applicabili contro l'amministrazione un humus culturale entro cui agire, con più o meno sensibilità a seconda dei casi».
Ma anche la giurisprudenza ha avuto la sua parte con le sue pronunce (anche a Sezioni unite) contrastanti. Per Mario Cicala, consigliere della Cassazione, «il giudice è un artigiano che fabbrica la sentenza secondo il suo gusto e a volte secondo il suo gusto di contribuente che non può evadere». Tant'è, ha aggiunto, che «se ha la sensazione che una determinata sentenza faccia crollare il gettito può anche non prenderla».
(M.Bel e Eu.B.)
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